Una lettera del critico musicale Dino
Villatico a proposito dell’intervista a Gaccione sul teatro apparsa mercoledì 3
luglio 2024 sul “Corriere dello Spettacolo”.
Mi scuso del
ritardo con cui rispondo. Non avevo letto l’intervista. https://www.corrieredellospettacolo.net/2024/07/03/conversazione-sul-teatro-o-qualche-aspetto/ Da tempo leggo raramente i giornali “patentati”
italiani, mi annoiano, non dicono più niente di nuovo. Sbaglio, certamente,
perché mi perdo appunto rare incursioni nella realtà, come questa intervista.
Sono tutto sommato d’accordo con entrambi. Perché da una parte, come dice l’intervistatrice,
è vero che almeno in Italia il teatro è morto. Significativo che i registi più
interessanti siano costretti a lavorare più all’estero che in Italia. Ma è
anche vero che mancano gli scrittori o, piuttosto, sono costretti a essere
invisibili. E qui do ragione a lei, il teatro non è affatto morto, come non è
morta la letteratura, ma inutile cercarli nei teatri e negli scaffali delle
librerie. Le ragioni, però, credo siano lontane, lontanissime. In fondo l’unico
fenomeno veramente europeo di teatro inventato dagli italiani è la Commedia
dell’Arte. Sprezzato da intellettuali e letterati che erano fissati con un’idea
tutta letteraria del teatro. Con il risultato che dalla Commedia dell’Arte
nascono in Francia un Molière e un Marvaux, in Italia niente. O l’opposizione.
Compreso Goldoni che pure ne fa tesoro almeno di mestiere. Alfieri. Pirandello.
Sono fenomeni che non toccano il fatto pubblico, l’istituzione - in Italia. Poi
scopro che per esempio a Budapest Alfieri lo si rappresenta tradotto in versi
ungheresi. Capisco il disincanto di chi si è visto escluso dai giochi. Ma non è
colpa sua. È quasi mezzo millennio che agli italiani il teatro non interessa se
non come intrattenimento. Perfino il melodramma, che pure sembrava
corrispondere alle attese di un pubblico, si è isterilito in giochi di bravura.
Ben altro destino il teatro musicale d’Europa e del mondo. In fondo sono
portato a condividere il pessimismo di Lodovica San Guedoro. Eppure anche io
scrivo. E le poche volte che sono riuscito ad andare in scena il teatro era pieno.
Ma appena propongo io un testo, c’è il muro. Il pubblico vuole altro, i teatri
cercano il successo. Il pubblico, i teatri? O chi amministra oggi la cultura in
Italia? O questa condanna secolare che ci fa un popolo di analfabeti con
qualche solitario illuminato deriso da tutti. Ha tutta la mia comprensione. Cordialmente, Dino Villatico
P.S. Nell’intervista mi ha colpito
una frase, e temo che sia la desolante verità: “A che scopo scrivere se
pubblicare teatro era quasi impossibile e ancora di più lo era mettere in scena
i testi?” [*Per 45 anni è stato critico musicale del quotidiano «la
Repubblica»
Attualmente è critico musicale del quotidiano "il Manifesto"].