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mercoledì 25 settembre 2024

IL NOVELLINO E LA MUSICA
di Angelo Gaccione



C
ome sappiamo, Il Novellino è certamente una delle opere letterarie più affascinanti del XIII secolo, sia per i contenuti che per la lingua. Per la lingua volgare in cui le novelle sono state redatte, la lingua parlata dal popolo e che si era fatta strada tra i mercanti e i ceti sociali più dinamici. Una lingua viva e “mobile” che si contrapponeva al latino, lingua “separata” appannaggio delle curie e delle corti. Un libro sapienziale, Il Novellino, ma anche ammonitore, come dimostra, per esempio, la novella XIIa il cui titolo recita: Qui conta come Antigono, mariscalco d’Alexandro, il riprese perch’elli facea sonare una cetera per suo diletto. È una novella di biasimo in cui viene presa di mira la musica, accusata di corrompere poiché «per dolcezza di suoni si perdono virtudi». Lo strumento, in questo caso la cetra, viene rotta e gettata nel fango da Antigono che così giustifica il suo gesto: «Al tuo tempo et etade si conviene regnare, e non ceterare». Ceterare, per il censuratore Antigono, è considerato qualcosa di vile e addirittura di lussurioso: «Vergognisi dunque chi de’ regnare in virtude e diletta in luxuria». La novella ci informa anche di come il re Poro, a sua volta, facesse tagliare le corde della cetra di un suonatore per impedire che il diletto della musica lo traviasse. Ecco come si era espresso: «Meglio è tagliare che sviare». Un accanimento davvero duro nei confronti di una delle arti più universali, affascinanti, terapeutiche, emozionanti. “Dove le parole non arrivano la musica parla” ha detto Beethoven. Riuscite ad immaginarvi un mondo dove la musica non faccia parte della vita degli esseri umani? La musica rende la conversazione più distesa, il convivio più amichevole, l’incontro più gentile. Eppure è stata oltraggiata e piegata anche alla barbarie. Non c’è stata epoca in cui gli uomini non se ne siano serviti per i loro conflitti e per le loro guerre. Violenta, ossessiva, macabra, così l’hanno resa in quelle circostanze. Oppure, come i torturatori nazisti o i golpisti cileni e argentini, se ne dilettavano estasiati mentre infliggevano le più atroci sofferenze, ai corpi inermi delle loro misere vittime.