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mercoledì 11 settembre 2024

TACCUINI
di Angelo Gaccione

 

Il Parco Alessandrina Ravizza
 
C
i si può domandare che cosa sarebbero le città senza parchi e viali alberati. Vengono i brividi solo a pensarci. Guardando le immagini di certe megalopoli contemporanee soffocate da colate di cemento, da grattacieli sempre più alti e da palazzi sempre più dilatati, si percepisce immediatamente quanto l’urbanistica sia entrata in conflitto con la natura. Hanno dovuto inventarsi terrazze piantumate forse per rimuovere un inconscio senso di colpa, o di vergogna, e le hanno spacciate per “bosco in città”. Il bosco in città c’era, ma gli urbanisti hanno aiutato amministratori e speculatori dalle diverse fogge a cancellarlo, ad abbatterlo, a farlo sparire, a mercificarlo. Porta Nuova a Milano ne è l’esempio più lampante. La cementificazione intensiva lungo lo scalo di Porta Romana, con la scusa del villaggio olimpico per le olimpiadi invernali, ne è un’altra dimostrazione da manuale. Non se ne possono ritenere assolti né le amministrazioni di centro-destra né quelle di centro-sinistra; né gli urbanisti finti progressisti né gli urbanisti reazionari. Tutti costoro appartengono ad una stessa logica e agiscono allo stesso modo: che se ne voglia prendere atto o meno.


Alessandrina Ravizza in piedi a destra

Il parco Ravizza (racchiuso tra il viale Toscana, la via Vittadini, la via Bocconi) data ai primi del Novecento. Il piano regolatore Beruto lo aveva destinato a tale uso nel 1889. Gli studenti della vicina Università Bocconi non ne sanno nulla, molti di loro sono stranieri o provengono da altri luoghi d’Italia. Se non ci fosse, se lo avessero cementificato, non potrebbero goderne né stendersi a leggere sul prato. La stragrande maggioranza di loro è convinta che l’economia sia una scienza e non lo è. Si tratta, invece, di una scelta politica, una scelta di campo, una scelta di classe. Una bestemmia, questa parola, in quell’ambiente dove l’economia si studia come una scienza neutra. 


La cucina per malati e poveri

A quel tempo di questo parco si è deciso di farne un uso pubblico, cioè di tutti, e non una merce. È per questo che ne possono ora godere anche loro, gli studenti di economia della vicina Bocconi. È probabile che non sappiano nulla anche di Alessandrina Massini sposata Ravizza: è a lei che è stato intestato il parco. Ed è stata una decisione saggia perché è stata una grande donna e una grande filantropa. La chiamavano la “Madonna dei poveri” e anche la “Contessa del brodo” – perché i poveri li soccorreva davvero – consapevole di quanto è ingiusta l’economia asservita ai ricchi i quali chiamano non abbienti coloro che hanno sfruttato e affamato per arricchire. 



È a questa donna che vogliamo rendere omaggio con questo scritto: a lei che si diede da fare in favore delle operaie milanesi attraverso l’Associazione generale di mutuo soccorso fondata da un’altra grande donna: Laura Solera sposata Mantegazza. A lei che aveva aperto nel 1879 la Cucina per malati poveri, nel 1887 un ambulatorio medico, nel 1904 una scuola-laboratorio per curare le giovani mamme e i bambini infettati di sifilide. Non paga, impegnò soldi ed energie per favorire l’istruzione popolare, dare un mestiere ai giovani disoccupati e poi ancora e ancora fino all’ultimo respiro. 



C’era mezza Milano ai suoi funerali: assieme alle autorità, i suoi diseredati e quelli che con la sua opera filantropica e solidaristica aveva riscattato. Ecco, a voi non parrà, ma questa è una lezione di economia. Di buona economia.