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martedì 29 ottobre 2024

INCONTRI


 
Lidia Sella conversa con lo scultore Dario Ghibaudo 
 
Quali i tuoi artisti prediletti?                    
Bernini, Wildt, Hirts….
 
L’amore, il dialogo intellettuale, la natura, lesperienza onirica, le letture, la musica, i viaggi, la storia dellarte: come agiscono in te le diverse fonti di ispirazione?     
Sono tutta la mia vita. E dunque si riverberano nelle mie opere.
 
Nella realizzazione di unopera darte, che peso esercitano la componente razionale, lo slancio del pensiero? O prevalgono viceversa linconscio, lintuizione, limpulso istintivo, il demone della creazione?                            
Sicuramente l’urgenza di creare. Credo fortissimamente nel fare. L’atto di dare concretezza a un pensiero, a un’intuizione, induce automaticamente a scavare sempre più in profondità. Ed è proprio allora che, in embrione, prende già forma l’opera successiva. In un certo senso ogni mia scultura nasce da una catena di precedenti errori.
 


L’arte cristallizza il tempo in un eterno presente.” È un mio aforisma. Concordi con me?                                   
Bellissimo! Concordo.
 
Con quali tecniche e materiali ti cimenti?
Quelli che, sul momento, ritengo ideali per realizzare una determinata opera. Ho lavorato la pietra, il marmo, la resina acrilica, il cemento, la plastica riciclata. Disegno molto, direttamente a inchiostro, su carta ad alta grammatura. E poi su grandi superfici di carta intelata, sino a tre metri per due. Ma spesso sperimento nuovi materiali, per saggiarne le caratteristiche essenziali, valutare come si comportano, comprendere se mi trovo bene con essi. Cerco insomma di capirli. 
 


Lavorare su materiali differenti modifica lapproccio emotivo e concettuale verso lopera che realizzi? 
Sul piano concettuale risulta ininfluente. Incide invece sotto il profilo tecnico ed estetico.
 
Hai messo a punto metodiche innovative che ti abbiano consentito di raggiungere migliori risultati formali?
In tanti anni di intenso lavoro, la tecnica via via si affina. Tanto che talvolta si rischia persino di scivolare nel virtuosismo, nella vanità. Pur nella consapevolezza che un simile approccio non porta a nulla. Se non allautocompiacimento.       


Un’opera su commissione: gabbia o sfida?
Né l’una né l’altra. Piuttosto l’insolita circostanza che una mia opera si trovi a dialogare con le istanze del committente, al punto da combaciare con esse, e rispecchiarle. Con il vantaggio che in questi rari casi il denaro arriva, almeno in parte, prima che l’opera sia compiuta. 
 
Quanto è cambiata la tua arte nel tempo? In nuce cera già tutto sin dal principio?
Se per inizio si intende la nascita del mio Museo di Storia Innaturale, il progetto di una vita, certo, il mio cammino parte da lontano. Ma a mano a mano che procedo, il pensiero si sofferma su questioni diverse. Tuttavia non cè una meta da raggiungere. Semmai si tratta di un percorso a ostacoli, che si modifica nel tempo, insieme a me che lo vivo.
 


Quanto tieni in conto il giudizio del pubblico? 
Fa piacere se il tuo lavoro viene apprezzato. E dispiace quando è messo in discussione. Però la critica è più utile, si traduce in uno stimolo al miglioramento.
 
Sembri oscillare tra passato e futuro, tradizione e innovazione, gemme e radici: ti senti contemporaneo o inattuale?
Ho sempre pensato che l'arte debba essere un ponte tra presente, passato e futuro. Sono partito dallo studio delle mutazioni e ora, dopo più di trent'anni, esploro la meravigliosa, ingenua freschezza del Medioevo, le sue chimere, i bestiari...
 


Chi, fra i tuoi colleghi del XXI secolo, ritieni a te più affine?
Forse, per certi versi, Joan Fontcuberta, un poco Mark Dion, Damien Hirst…
 
Forgi creature fantastiche, mitologiche, mostruose, metà uomo metà animale, volti che diventano musi, urobori di membra, arti simili a rami, spirali cromosomiche, sguardi carichi di mistero, figure che richiamano Dante, Omero, lApocalisse, un bestiario immaginifico che fluttua tra Le metamorfosi di Ovidio e L’origine della specie di Darwin: intendi così tradurre in una forma tangibile tutto ciò si agita in te, in noi?
Ogni uomo racchiude in sé un mondo. E l’artista risponde all’impulso di mostrare il proprio universo interiore.


Le tue sculture sprigionano sensualità, quasi una sorta di ipnotico erotismo. Si tratta di un effetto voluto? 
È solo il piacere di plasmare. Si accarezza di continuo la materia e lei, sollecitata, restitusce a modo suo.
 
In Nietzsche contra Wagner, Nietzsche ci regala una considerazione illuminante: Questi Greci! Loro sì che sapevano vivere: per riuscirvi occorre arrestarsi coraggiosamente alla superficie, allincrespatura, alla scorza, occorre adorare lapparenza, credere alle forme, ai suoni, alle parole, allintero Olimpo dellapparenza! Questi Greci erano superficiali per profondità…. In questo senso, ti senti un poGreco?
Ritengo si debba lavorare molto seriamente, senza prendersi troppo sul serio.

 
Melville, in Moby Dick, ravvisa nel bianco un incolore ateismo di tutti i colori, che fa rabbrividire. Tu sei particolarmente incline a usare il bianco: perché? 
Forse perché è la somma di tutti i colori?
 
Vendi unopera e incassi denaro. Ma ti amareggia separartene per sempre?
Non me ne sono mai realmente separato. È un po’ come se fossero sempre ancora tutte qui con me.
 
Oggi non è facile muoversi nel mondo della critica e delle gallerie darte. Eppure qualche artista meritevole riesce a emergere anche senza appoggi e raccomandazioni?
Nel tempo le dinamiche del mercato dell’arte tendono a cambiare: anni fa i collezionisti erano mecenati che sostenevano gli artisti; ora molti collezionisti aprono gallerie, commerciano, una diversa forma di sostegno agli artisti. Una volta comunque c’era una passione più autentica. 

 
Ora a che cosa stai lavorando?   
Molto segretamente ti dico: sto pensando agli alberimagari un poco animali.
 
Si dice a volte che la tragedia della vita di un artista consista nella sua impossibilità di creare lideale. Ma la vera tragedia che perseguita quasi tutti gli artisti consiste proprio nel fatto che essi lo realizzino fin troppo, il loro ideale. Perché, una volta realizzato, perde la sua meraviglia e il suo mistero, e diventa semplicemente un nuovo punto di partenza verso un ideale diverso.Sono parole di Oscar Wilde, estrapolate da Il critico come artista. Parte Prima. Ti rifletti in questo suo pensiero?
Oscar Wilde è sempre adorabilmente profondo. Sì, è così anche per me.



C’è un intento che accomuna tutte le tue opere? Forse suscitare lo stupore, lo smarrimento, la vertigine della meraviglia?
Soltanto la libertà di soddisfare lurgenza
del creare.