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sabato 5 ottobre 2024

MUSICA E LETTERATURA
di Anna Lina Molteni


 
Debussienne e Il colore turchino di Francesca Pilato: la musica incontra la letteratura.
 
Che brani letterari, soprattutto poesie, siano stati tradotti in musica è storia vecchia. Neppure è inusuale raccontare sulla spinta della suggestione musicale che, soprattutto se indefinita, suscita immagini, pensieri e associazioni, avvolgendo chi scrive in una sorta di aura ispiratrice, pericolosissima ai fini della tenuta e della chiarezza della scrittura. La medesima influenza ruffiana che può far sembrare bella una pagina che tale non è, semplicemente leggendola ad alta voce con un sottofondo musicale adeguato. Era perciò un terreno più che scivoloso, quello sul quale Francesca Pilato si è avventurata con la sua raccolta di racconti Debussienne (Florestano Editore 2022, pubblicati prima in francese (Harmattan Editions 2018) e solo successivamente in italiano che ne è la lingua originale, ma due fattori hanno concorso a farla uscire indenne e a far sì che i 12 pezzi - tanti quanti sono i Préludes del Premier Livre di Claude Debussy (1910) - siano una lettura affascinante.
Il primo è il fatto che Pilato è linguista e saggista. Conosce il linguaggio e ne maneggia regole e significati con consapevole destrezza. La lunga pratica saggistica che ha alle spalle le ha poi creato una sorta di habitus scientifico severo che la pone al riparo dalla tentazione di inutili abbellimenti stilistici, magari suggeriti dall’ “onda emotiva” generata dalle note. Il secondo è che conosce la musica e le sue strutture, ne vede anche l’armatura portante, oltre a gustarne il piacere dell’ascolto. Così, e sono parole sue: “Le variegate modalità di esecuzione indicate da Debussy, lento e grave, capriccioso e leggero, molto calmo e dolcemente espressivo o, all'opposto, animato e tumultuoso e molte altre ancora, sono stati altrettanti stimoli per accostare i racconti ai preludi rispettandone le varietà stilistiche, in sintonia, per quanto è possibile, con il timbro, con l'intima voce che li percorre”. E la narrazione diventa così un’eco, restituita con un linguaggio diverso, ma cristallino tanto quanto le note di Debussy, “l’aereo inventore”, come lo definiva l’amico Gabriele D’Annunzio. A sottolineare ulteriormente il legame inscindibile tra musica e parola scritta il fatto che in Debussienne i titoli dei racconti siano gli stessi dei Préludes.


Claude Debussy
 
Nel recente romanzo Il colore turchino (Florestano Editore 2023), la musica torna ancora ad accompagnare la vicenda di una donna siciliana, Aloisa, raccontata nell’arco di tempo tra il 1866 e il 1911. L’ambientazione è dapprima una Sicilia “gattopardesca”, dove ancora non si sono spenti gli echi dell’impresa dei Mille e le idee mazziniane e liberali hanno prodotto una generazione di giovani in aperto contrasto con tradizioni secolari di privilegi feudali e soprusi  - tra questi i fratelli della protagonista, ma anche il padre, proprietario di una miniera di zolfo -; successivamente la Napoli a cavallo di Otto e Novecento, con un retaggio ancora vivo di città colta e cosmopolita, pur nelle sue annose e mai risolte contraddizioni. È qui che Aloisa, che a tratti può ricordare memorabili figure femminili tratteggiate da Henry James, trova rifugio da un matrimonio difficile e, tramite la musica che da passatempo di signora della buona società diventa lavoro, realizza il suo compimento come donna libera e come artista.
Montato come un melodramma, con il susseguirsi di 3 atti, introdotti come fossero fondali di scena, ma che rimandano a luoghi reali: la basilica di San Leone ad Assoro, via Etnea a Catania, il teatro San Carlo a Napoli, la “voce” del romanzo è un continuum nel quale fluiscono, armonizzandosi, cambi di punti di vista e passaggi dal discorso indiretto a quello diretto senza la necessità di segni grafici che li indichino. E in questo gioco di agilità stilistica, l’autrice affida l’esposizione della sua poetica alle parole di padre Luigi, bibliotecario dei Girolamini, che fa riferimento alla lingua greca: “Non c’è distinzione in questa grande cultura, tra suoni e significati: le sacre e nobili parole di aedi e rapsodi commuovono e convincono solamente se portate dall’onda carezzevole di appropriate eufonie”.