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lunedì 11 novembre 2024

IL TRAMONTO DEGLI SPLENDORI DELL’OCCIDENTE
di Luigi Mazzella


La prevalenza del razionalismo, ovvero la primazia del ragionamento condotto sul filo della logica conduce, con l’ausilio del buonsenso e con il temperamento dell’ironia, alla scelta di soluzioni nette, rigorose, univoche dei problemi e di affermazioni precise e chiare nei loro contorni essenziali e nei corollari. Chi, per esempio, dopo avere affrontato il problema dell’origine esistenziale ricorrendo unicamente al raziocinio, afferma di essere non credente, dice in modo forte e chiaro: sono “ateo” e non aggiunge altri superflui “distinguo”! La stessa decisione e precisione di eloquio si osserva in chi dice di essere “antifascista” o “anticomunista”. In altre parole, l’ateo, l’antifascista e l’anticomunista non hanno tentennamenti o dubbi e mostrano persino un certo orgoglio nel manifestare le loro “contrarietà”. Si tratta di un vanto che diventa ancora più evidente e pregnante se nella stessa persona confluiscono tutte e tre le predetti opinioni e negazioni. Da che cosa deriva tanta sicurezza di giudizio? Che cosa fuga il dubbio in modo certo? La risposta è semplice: la consapevolezza - innegabile - che le fonti dell’irrazionalismo si trovano proprio nelle religioni e negli idealismi post-platonici e teutonici (fascismo e comunismo) e nelle loro “utopie” di mondi migliori (il nome fittizio di un Paese inesistente sottolinea la irrealizzabilità del progetto).
Una tale razionalità era presente agli albori della civiltà greco-romana; essa è stata, poi, travolta grazie a quelli che Spinoza definisce i tre impostori e malfattori dell’umanità e al metafisico Platone. L’Occidente ha accettato di vivere nell’irrazionalità più piena e pervasiva. Ora la versione, duplice invero, di un antico motto italiano, molto popolare e ricorrente: a) contro la forza o b) contro il fatto, la ragion non vale ci insegna che se anche in Italia in un primo tempo è stata “la forza” (la violenza insita in ogni invasione barbarica illegale o, peggio ancora, armata) a imporre condizioni di vita dominate dalla’ irrazionalità religiosa e politica è stato, poi, “il fatto” a sancire l’assoluta prevalenza degli irrazionalisti e ad impedire che la ragione  potesse ancora “valere” alcunché. In conseguenza, chi si muoveva nel campo della razionalità è stato immesso e si trova in assoluta, spaventosa minoranza. 



Hanno prevalso e dominano la scena occidentale quelli che mostravano e palesano segnali di instabilità, di insicurezza, di incertezza e, in definitiva, di drammatica inconcludenza; nella collettività si è registrata e si constata la comparsa di confusione, di caos, di contraddittorietà tra le scelte e, soprattutto, di malgoverno (quest’ultimo divenuto oggi ancora più grave di quello dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel suo famoso affresco sito nel palazzo comunale di Siena). E ciò perché non tutti i seguaci dell’irrazionalismo, religioso e/o politico, sono di uguale credenza, uniti e compatti. Anzi, con la prevalenza, da un lato dei religiosi, dei credenti, dei cosiddetti “fedeli”, e dall’altro, dei fanatici politici dell’ideologia fascista e di quella comunista (le uniche due utopie che la filosofia idealistica dell’Occidente consente, dopo  avere abbandonato la “vera” filosofia e mandato alle ortiche empirismo e razionalismo), si è entrati nel mondo delle contrapposizioni più feroci e permanenti, delle diversificazioni più fomentatrici di aspri contrasti, in un “bailamme” tanto innegabile quanto insuperabile. Vi sono di quelli che dichiarano, rispettivamente e timidamente, di essere “agnostici” o di preferire partiti “moderati di centro (destra o sinistra, non importa)” che danno quasi l’impressione di vergognarsi di non avere il coraggio di andare sino in fondo e di seguire il loro istinto che li spingerebbe o al raziocinio sulla necessità di evitare le (ancora più dannose) mezze misure o alla scelta dell’irrazionalità più piena ed assoluta.  



Al fondamentalista o all’osservante acritico del Verbo che ostenta protervia, assumendo di essere un privilegiato perché nel primo caso è stato (nientepopodimeno) Dio stesso o, nella seconda ipotesi, un grande Maestro del Pensiero (sia pure per interposta persona, nell’uno e nell’altro caso)  a rivelargli la verità si aggiunge senza però unirsi a lui il religioso o il fanatico “di mezza cottura” che afferma di essere credente e politicamente convinto ma, rispettivamente, non praticante e non militante (prega ma non va a messa; segue i comandamenti ma non emette sentenze inappellabili di condanna per chi non osserva quelli meno rigorosi o nel secondo caso non scende in piazza e non scandisce slogan, alzando il braccio o stringendo il pugno); c’è il sedicente liberale che non rifiuta l’ossimoro di dirsi pure religioso e di derivare la propria dottrina di libertà da quella assolutistica e intollerante di Hegel; c’è il dubbioso che non è scettico sull’esistenza di un Dio e sulla bontà dell’indirizzo politico ma pensa che possa anche essere diverso da quello dei monoteisti mediorientali o dai più esaltati e facinorosi camerati e compagni. Quale? Non lo sa né vuole saperlo. La sua realtà è l’Occidente che, oggi, dopo gli splendori dell’inizio, non gli offre altre “ragionevoli” alternative!