SCIOPERO GENERALE E RECUPERO DI SENSO di
Franco Astengo
Oggi
sciopero generale: fatto non usuale attraverso cui CGIL e UIL stanno tentando
non solo di porre al centro le questioni salariali, sociali, della prospettiva
industriale (come recita la piattaforma di convocazione della giornata) ma
anche un recupero di senso del loro essere soggetto di un fronte di lotta e di
prospettiva del cambiamento. Il sindacato confederale da molto tempo non riesce
ad esercitare una funzione effettiva di orientamento di massa, appunto di
"recupero di senso" della propria azione e della propria presenza in
una dimensione che è apparsa di visione sempre più ridotta nella fase
dell'immediata post-globalizzazione e dello scivolamento del Paese nella
retorica dell'antipolitica e della destra populista. Adesso si sta tentando di
invertire la rotta (CGIL e UIL si stanno trovando a fianco i sindacati di base
e non la CISL ormai palesemente tornata nell'alveo anni'50 del sindacato
governativo, magari matrice come fu allora di qualche sindacato
"giallo"): non sarà facile ma potrebbe trattarsi della strada giusta.
Ovviamente il quadro degli anni'70 non esiste più: mancano le grandi
concentrazioni industriali manifatturiere, la proprietà è lontana e impalpabile
mentre impazza una finanziarizzazione senza volto, il quadro internazionale
sfugge a una possibile individuazione di "terreno di scontro", lo
Stato - Nazione non funziona più da regolatore dello scambio sociale, la
società è parcellizzata percorsa dall'individualismo competitivo, in un
evidente declino dell'Occidente si sono evidenziate disuguaglianze incolmabili
nei cui interstizi si stanno infilando conflitti di cui in sostanza ignoriamo
la natura, quello che un tempo definivamo "lavoro vivo" emerso dalla
due rivoluzioni industriali adesso è minacciato dall'innovazione tecnologica e
le giovani generazioni se ne allontanano spontaneamente magari sognando
improbabili "ritorni bucolici" e "decrescite felici". Nella
difficoltà di un'Europa sociale e politica che ha perso la centralità dei
"30 gloriosi" e di cui è emblematica la crisi tedesca, Europa in
crisi anche come appendice dell'impero americano (svanito l'abbaglio della fine
della storia che avrebbe dovuto seguire la caduta del Muro di Berlino) l'Italia
conta poco, forse nulla: quindi non conta granché neppure lo sciopero generale
di oggi. Si tratta però di un segnale, oltre che di un passaggio di
riaggregazione sociale di una certa importanza: un segnale perché sembra non
trattarsi di un momento di raccolta su basi meramente corporative (come accade
in altri Paesi) ma misurato nel solco di una rimodulazione di presenza e di
orientamento. Ci troviamo nel piccolo di una dimensione ormai provinciale e di
un Paese, l'Italia, in forte difficoltà politica non soltanto perché governata
da una destra incapace di muovere un solo passo anche in direzione non gradita
dal nostro punto di vista ma soprattutto la difficoltà dell'Italia risiede
nell'essere percorsa da un forte sentimento di contrarietà all'agire politico e
che tende verso l'assolutizzazione del comando. Dire
di no con fermezza a questa emergenza appare in questo momento il compito del
sindacato: il rischio vero è quello di un processo di sostituzione del
meccanismo democratico, cioè di un confronto diretto con il potere economico
nel quale viene meno l'intermediazione sociale e politica.
Il
centro-sinistra italiano per un certo periodo ha cullato l'illusione che la
disintermediazione avrebbe portato la governabilità all'altezza della disputa
con il potere dell'economia e della tecnica sciogliendo i "lacci e
lacciuoli" (come invocava Guido Carli qualche decennio or sono): questo
disegno che era il disegno del PD ha causato l'allontanamento sociale e
l'esplosione di un meccanismo di rifiuto della funzione politica. Un rifiuto
che si era fatto partito rotolando poi tra le spire della realtà di palazzo e
causando un trauma che ha spostato l'opinione verso il rifiuto totale o verso
la semplificazione di una destra orrenda nella realtà politica e soprattutto
nell'espressione culturale diffusa. Ecco: nella ricerca di senso da parte del
sindacato che questo sciopero generale comprende non dovrebbe esserci spazio
per una idea di sostituzione della politica e della sua organizzazione più
coerente in partiti. Abbiamo bisogno di tornare alla capacità di rappresentanza
ciascuno per la propria parte.