Anna Magnani. Basterebbe
solo il nome, per evocare, attraverso il riferimento ad una delle attrici più
importanti della storia del Cinema nazionale e internazionale, l’immagine di un’Italia
nascente, che dal bianco e nero delle prime pellicole cinematografiche attende
soltanto di tingersi dei colori della modernità. Anna Magnani rappresenta
infatti un’icona del Cinema e il simbolo di una italianità che s’ammanta di
forza e carattere, per sancire i tratti di una costruzione identitaria in cui l’Italia
del secolo scorso ha trovato linfa, voce e volto. Un’attrice di cui Chiara
Ricci, nel saggio Anna Magnani. Racconto d’attrice (Graphe.it, 2023, pp.
147) offre, a cinquant’anni dalla morte della Diva simbolo dell’Italia della
Ricostruzione, un’interessante biografia, o come meglio la definiscono Italo
Moscati e Franco D’Alessandro rispettivamente nella prefazione e
nell’introduzione, «un’analisi
intuitiva, psico-emotiva», volta a ricostruire il senso di una vita sospesa tra
cinema e teatro, una vita in cui palcoscenico e realtà perdono i propri
contorni per risolversi in unità («Ma chi può dirlo dove finisce il teatro e la
vita comincia» dirà la Magnani nei panni di Camilla, ne La carrozza d’oro,
1952), in cui ogni personaggio interpretato non è altro che un volto della
Magnani, un tratto caratteristico della sua indelebile personalità. Anna
Magnani la diva, o meglio l’antidiva e la donna, l’attrice di teatro e quella cinematografica,
la star internazionale che tuttavia «appartiene a Roma», l’artista che affida
alla voce e al suo essere profondamente umana il senso di una interpretazione
che la vuole vicina al suo popolo, vicina al dolore della gente e musa di un
amore come principio incipitario e fonte continua di ispirazione e del proprio
essere.
Chiara Ricci ripercorre i tanti volti di Anna Magnani evidenziando
nell’esperienza di Nannarella tutte le contraddizioni di un’età di transizione,
all’insegna di una femminilità colta nella sua dolorosa e passionale aderenza
alla vita. In un volume agile e appassionato che vuole essere un compendio
delle principali tappe della vita professionale della Magnani emergono in un
rapporto dialettico con il teatro e il palcoscenico, i tanti ruoli e tanti
volti: Nannarella, Mamma Roma. E poi ancora La Lupa del Tevere, La belva, o
soltanto La Magnani. Anna Magnani come Sora Pina di Roma città aperta
(Roberto Rossellini, 1945), o come Gioconda Perfetti di Abbasso la
ricchezza! (Gennaro Righelli, 1946), o ancora come Angelina, la popolana di
Piatralata protagonista de L’onorevole Angelina (Luigi Zampa, 1947), la
Maddalena Cecconi di Bellissima (Luchino Visconti, 1951), ma l’elenco
potrebbe continuare, oppure procedere a ritroso, fino a tornare a quell’asilo
materno di via Salaria n.126, dove la Magnani nasce il 7 marzo del 1908, per
poi fermarsi per sempre sulla celebre Walk of Fame, al 6385 di Hollywood
Boulevard, dove dall’8 febbraio 1960 la star romana riceve la sua stella: simbolo
di una carriera lunga e significativa, che alterna riconoscimenti internazionali
come il Premio Oscar alla miglior attrice (con La rosa tatuata nel
1956), candidature e nominations (ben cinque Nastri D’Argento e il Golden
Globe, tra gli altri), numerosi film e pellicole di costume, spettacoli di
teatro e aneddoti (come dimenticare la «Guerra dei due vulcani» con Ingrid
Bergman e Roberto Rossellini), o i tanti amici di una vita, Totò, Pasolini, De
Sica, Fabrizi, una costellazione di nomi e volti d’arte di un’Italia piena di
luci e lustrini, entusiasta e logora già di quella modernità che stravolgeva
mode e abitudini.
Il volume ripercorre come in un lungo flashback, al rallenty
della ricostruzione documentariai siparietti di costume, i palchi
dei teatri da rivista fino alle scene più acclamate e alle pellicole che hanno
sancito attraverso la voce della Magnani la nascita del Neorealismo, tanto da
sfogliare le pagine della memoria dai vicoli di Roma fino a Hollywood con uno
sguardo malinconico e un po’ disincantato, dove la Anna Magnani ritorna con la
sua grazia irridente, canzonatoria, profondamente umana, a riconfermare il
senso di un’identità dimidiata tra palcoscenico e cinematografo, specchio di
un’arte che ha nella vita il suo orizzonte ontologico di riferimento. Il libro
si arricchisce di documenti e testimonianze, di una filmografia e scambi
epistolari e stralci di interviste, per una ricostruzione seria e attenta
dell’universo Magnani che scandaglia attraverso il racconto di una vita
spettacolare un’epoca di contraddizioni e cambiamenti, senza dimenticare la
donna, colta nel suo tragico quanto umano, troppo umano, esistere.