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venerdì 6 dicembre 2024

GLI OCCHI DI BORGNA
di Roberta Guccinelli


Eugenio Borgna
 
Nel corso della sua straordinaria esistenza Eugenio Borgna ha illuminato molte vite. Lo ha fatto con quella semplicità disarmante che solo i grandi “cuori” di taglio scheleriano sanno comunicare. La gratitudine è il primo sentimento, ma non l’unico, che sia immediato provare nei suoi confronti, per l’instancabile esploratore dell’Arcipelago delle emozioni che parlava a tutti e non temeva di farlo, sebbene fosse all’Ospedale Maggiore di Novara primario emerito di Psichiatria, disciplina di cui incarnava con l’anima più pura il rigore metodologico e clinico, e libero Docente in Clinica delle malattie nervose e mentali all’Università di Milano. Era tra l’altro Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana. Non cesserà mai però di essere molto di più di tutto questo: un “buono” come solo i “felici” possono davvero essere, per impiegare di nuovo, nella loro accezione più elevata e meno scontata, dei termini di Scheler, un filosofo da lui amatissimo. Una persona, Borgna, dall’immensa cultura, elegante e agile, nondimeno, scattante, come uno scalatore di montagne rispetto al quale si arranca, scoprendo all’improvviso di avere il fiato corto. Avevo provato questa sensazione quando, dopo anni di letture borgnane, che mi accompagnano dalla mia più giovane età, ebbi finalmente occasione di incontrarlo di persona a Bellinzona, nel 2006, dove entrambi tenevamo una relazione nell’ambito di un Corso Postdiploma in “Medical Humanities” organizzato dalla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e dalla nostra generosa ospite, Guenda Bernegger. Facemmo il viaggio di ritorno in Italia, lui a Novara, io a Milano, in treno assieme. Lui rinunciò al suo biglietto di prima classe e si sedette vicino a me, in seconda classe. La conversazione che intrattenni con lui, lunghissima, intensa e dal sapore tragicomico o comicotragico che solo certe pagine di Thomas Bernhard possono restituire, rimane uno dei ricordi più belli e ben scolpiti della mia esistenza. Da allora è sempre stato presente nella mia vita, prima con lettere come si scrivevano una volta, poi con e-mail. Dovrò abituarmi alla nuova forma di presenza, fondamentale, che continuerà ad avere in questa mia stessa esistenza, comunque da oggi più povera. Gratitudine e ammirazione prevalgono, sui mille vissuti emotivi e sulle risonanze che risveglia la sua voce inimitabile, davanti a una simile rara creatura, avvolta nel più eloquente silenzio e disposta, insieme, all’ascolto, capace della massima attenzione nei confronti dell’estraneità che abita ognuno di noi e di ogni possibile genuino interlocutore, e una gioia antica, indomita, sale, nel momento addirittura estremo, una gioia commossa, pudica. Nasce dalla fortuna, enorme, di averla incontrata sul proprio cammino, questa figura così poco ordinaria in un paese conformista e sguaiato, talvolta, privo per larghi tratti di ideali, e in un ambito per sua stessa natura votato alla mera forma come quello accademico. In Borgna, nel “nostro” Eugenio Borgna, spiccano la grande, grandissima umanità, la dignità, e una curiosità viva nei confronti di ogni forma di sapere, un amore, sempre pronto a essere condiviso, per la poesia, la letteratura, il cinema, la filosofia, per la gentilezza che in lui trovava il suo migliore interprete. Gratitudine ancora per i suoi innumerevoli lavori corali, nel rispetto di ogni autore e di ogni autrice citati, per le pagine limpide dedicate «alla comprensione e alla difesa della vita psichica», anche quando il mondo, della scienza e della cultura, della società, se ne andava a rotta di collo in una direzione diversa da quella paziente della ricerca del senso della sofferenza psichica; per la sua mitezza che, con la gentilezza, «scorreva temeraria»; per la speranza, che in lui davvero aveva il potere di «abbattere i muri»; per i suoi occhi vivaci, ironici, intelligentissimi che sapevano guardare in profondità e invitare alla Resistenza.