NATALE E
PRESEPE
di Angelo Gaccione
Ecco il nostro presepe, sono bambini
in fuga dalle guerre volute dai potenti
Non è
rimasto nulla dello spirito vero del Natale, riconvertitosi da tempo in
un’orgia consumista e di produzione esagerata di rifiuti. Quello che si vede
nelle città grandi e piccole, ma oramai non risparmia nessun luogo della
Penisola, è uno spaventoso affollamento che assedia le vie dove è più alta la
concentrazione di negozi che espongono merci di ogni tipo. Negozi luccicanti e
suadenti, abilmente addobbati e letteralmente presi d’assalto come se le nostre
case non fossero già oltre misura sovraccariche di oggetti, al novanta per
cento inutili, inerti ed inutilizzati come cose morte. Una bulimia collettiva
per l’accumulo che è materia da psicanalisi. Aumenta lo stress individuale,
aumentano i livelli del rumore assieme a quelli dell’inquinamento atmosferico
perché la mobilità automobilistica diventa ancora più intensa. Iniziano i botti
che si protrarranno fino all’apoteosi finale della notte del 31 dicembre, con
il solito prevedibile bilancio di polveri sottili alle stelle, feriti e, se ci
va bene, senza che ci scappi il morto. Sparatorie come non bastassero quelle in
giro per il mondo con oltre cinquanta conflitti, da terrorizzare animali
domestici, anziani, bambini, ammalati. Conosco persone che da anni rifiutano di
andare da amici a cena la sera della Vigilia e quella del 31 dicembre, per
evitare di farsi ferire da vetri, materiale inesploso e quant’altro viene
gettato sulle strade. Tutto questo nell’impotenza assoluta dei soliti proclami,
divieti e consigli delle autorità varie. Eppure, se ritorno con la memoria al
Natale sobrio e povero della mia infanzia, non posso non provare affetto e
nostalgia del modesto presepe con le statuine di terracotta, il muschio verde e
la farina bianca sui tetti delle casette per dare l’idea della neve, che con
tanta cura mia madre acconciava tutti gli anni. Persino a pochi giorni dalla
morte pensava al presepe; era ricoverata in ospedale e chiese al medico di
poter tornare a casa almeno per il tempo di fare il presepe e poi rientrare. La
sentiva come un malaugurio quella assenza del presepe in casa. Per il marito,
soprattutto, ma non ce ne fu il tempo. Forse è per questo che mi è rimasto
caro.
Ecco il nostro presepe, sono bambini in fuga dalle guerre volute dai potenti |