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venerdì 20 dicembre 2024

UN PRESEPE
di Zaccaria Gallo


 
Si avvicina un altro Natale, e già si respira quell’aria che ci avvolge da quando eravamo bambini, in una sottile attesa. Certo i tempi cambiano, e molto rapidamente, e la nostra storia personale si immerge nella grande Storia collettiva che ha, al contrario, un’altra aria, e che con la prima tende a confondersi: l’angoscia per il presente (dominato da guerre, violenze, crudeltà inaudite) e per il futuro (distruzione del nostro ambiente e del nostropianeta). Tuttavia le nostre strade, i negozi, si rivestono delle luci della speranza, con abeti veri o finti e si rinnova un rito, ormai consolidato da anni, anche nelle nostre contrade. E c’è ancora chi non rinuncia ad allestire il presepe. Nelle proprie abitazioni, in alcune sedi di socializzazione, nelle chiese. Sì, ma quale presepe? È invalsa, da tempo, l’abitudine di rifare il presepe con elementi “sociali” (i cosiddetti “presepi attualizzati”, che riproducono scene e personaggi dei nostri giorni). Composizioni, in cui si vogliono far emergere, ad esempio, elementi della città antica, in questo caso Betlemme, assieme a quelli delle città diventate, man mano, diverse con il passare dei secoli, e nelle quali si ritiene giustamente inserire simboli che a questa modernità si riferiscono. Chi non ricorda di aver visto direttamente, o in immagini fotografiche, i presepi napoletani dell’Ottocento e del primo Novecento, conservati a San Martino e ancora oggi reperibili, riprodotti con grande abilità, a Napoli, nelle botteghe di San Gregorio Armeno o di Via dei Tribunali? Invece dei pastori tradizionali, per fare un esempio, ci sono scugnizzi che si dirigono verso il luogo della Natività di Cristo. 



Sono presepi in cui, lungo le strade o nelle piazze si incontrano botteghe e rivendite colme di ogni ben di Dio (in opposizione alla fame vera del popolo) e che, prima dell’avvento degli ipermercati, punteggiavano la vita di ogni giorno, e che oggi si possono forse solo ritrovare nei mercati settimanali o nei campers attrezzati per il fast food. Indiscutibilmente, non ricordano la Galilea di duemila anni fa. Sorge allora spontanea una domanda: siamo convinti che i presepi debbano essere, per forza, in copia esatta di un avvenimento nel quale noi non ci siamo stati direttamente e che oggi, comunque, sarebbe sempre frutto della nostra fantasia, se non in casi ormai più simili alla spettacolarizzazione di quell’ evento, piuttosto che essere il “ricordo figurato”, spiritualmente più fedele al messaggio che Francesco volle fosse tramandato per sempre? Il presepe, con la Natività, non dovrebbe sempre richiamare alla memoria il significato profondo che è nella nascita di Cristo: l’invito ad amare gli altri, a perdonare chi ti fa del male, a prediligere la ricchezza spirituale invece di quella del denaro e del profitto, ad aiutare gli uomini, gli animali, le piante e l’ambiente a vivere piuttosto che a morire? Quanti, oggi, si pongono la domanda: ma com’era la Terra di Gesù Cristo? Intanto nel I sec. era divisa in tre regioni: Galilea, Samaria e Giudea, poi che Betlemme era in Giudea e si trovava all’interno e un po’ più a nord di Gaza e che Nazareth era molto più a nord, verso l’attuale Libano, in Galilea. 



E se volessimo “attualizzarlo”, oggi, proprio lì, in quelle terre martoriate, che aspetto avrebbe il nostro presepe? Sapete? La risposta me l’hanno data per caso i miei vicini di casa: Angelo e Angela, che ormai anziani, tutti gli anni allestiscono il loro presepe, soprattutto in attesa di trascorrere la festività assieme ai loro nipoti. Così anche quest’anno, ci hanno messo tutto il loro impegno, proponendo la versione tradizionale: grotta e Gesù Bambino, con Maria, Giuseppe, asino e bue, stella cometa, pastori, pecore, galline, montagne di carta marrone, un laghetto-specchietto e casupole e botteghe artigiane con la loro mercanzia, luci colorate e fili d’argento. Solo che quest’anno non è andata come le altre volte. Birillo, il loro gatto siamese, che è sempre stato dolcissimo e compagno inseparabile nelle lunghe sere di solitudine, l’altra notte ha combinato un guaio, ed è la prima volta che questo è accaduto. Chissà per quale oscura ragione, è salito sul tavolo ed è entrato con tutto il suo peso nel presepe, devastandolo: la grotta pericolante, la stella cometa dispersa chissà dove, pastori e animali a terra, alcuni con arti e teste spezzate e le case, le botteghe un cumulo di macerie.



Quando Angela si è svegliata e ha trovato questo macello, dopo essersi messa le mani nei capelli, e aver inutilmente rimproverato Birillo, che la guardava con aria innocente, ha chiamato Angelo. E mò? gli ha chiesto che facciamo? – Angelo ha guardato il presepe e poi rivolgendosi ad Angela, con aria seria le ha risposto: “Lasciamolo così! Oggi il presepe è questo”.