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martedì 7 gennaio 2025

LA CATTEDRALE DI MONZA
di Angelo Gaccione


 
Non è davvero da sottovalutare la città di Monza, e non solo perché con i suoi oltre 120 mila abitanti è la terza città della Lombardia dopo Milano e Brescia. Dal capoluogo dista appena diciannove chilometri e per raggiungerla in treno bastano una decina di minuti. Di treni lungo la sua direttiva ce ne sono in abbondanza: con quelli di Trenord potete andare a Lecco e a Tirano per esempio, mentre con quelli che provengono dalla Svizzera salite a Monza e arrivate comodamente in Centrale e alla Stazione Garibaldi. Quando sarà collegata con la Metropolitana, prevista verso il 2030 o giù di lì, i monzesi e la loro bella città di movimento ne vedranno ancora di più. E non solo per l’Autodromo rumoroso e inquinante, per me da sopprimere, ma per le sue chiese (ne ha alcune antiche che fanno invidia a città più note e blasonate), per la Villa Reale con il maestoso parco, per l’Arengario, il Ponte dei Leoni sotto cui scorre il fiume Lambro e soprattutto per la basilica minore di San Giovanni Battista con i suoi marmi dai colori bianchi e blu, ritornati all’antico splendore dopo un laborioso, lungo e paziente restauro. Per chi monzese non è, chiarisco subito che sto parlando del Duomo. È al celebre evangelista che è stato dedicato, e infatti sulla facciata è visibile una statua di bronzo di Giovanni. Ma poiché l’idea più antica della edificazione si deve alla regina dei longobardi Teodolinda, che vi è sepolta, non poteva mancare il volto di lei che assieme a quello dello sposo Agilulfo, se ne sta incastonato in uno dei
due medaglioni dell’arcata sopra il portale d’ingresso. 



La meraviglia di questo capolavoro dell’architettura gotica basterebbe da solo a giustificare una visita a Monza. Io non ci tornavo da un bel po’, e appena mi sono immesso sulla via Italia ho pensato a lui. Ho proseguito fino ad incrociare la piccola via Teodolinda, qui ho svoltato sulla destra e ho percorso il breve tratto che ti permette di trovartelo davanti. Fa da sfondo alla piazza e in parte la chiude, mentre l’alta torre campanaria di almeno tre secoli più tarda che gli sta addossato sul lato sinistro, abbondantemente lo sovrasta. Per un certo tempo il campanile vi sfugge, non ci badate perché siete attratti dalla bicromia dei marmi del Duomo, dalle edicole gugliate, dalle lesene, dai contrafforti, dalle aperture delle trifore e delle bifore, dai pilastrini, dai rosoni. Poi non potete fare a meno di puntare lo sguardo fino in cima e chiedervi se non sarebbe stato meglio che la torre fosse altrove; che non ci fosse nulla da nessun lato, e che la cattedrale vi apparisse sospesa in un vuoto assoluto, leggera come una nuvola bianca.