Ci sono due punti positivi nel discorso di Trump a Davos: il
primo è la conferma del giudizio che la lotta alla disinformazione è censura,
vedremo quanta coerenza ci sarà nel darle seguito; il secondo è l’auspicio
di procedere con Russia e Cina verso la denuclearizzazione. Su quest’ultimo
punto va osservato che il primo passo spetta allo stesso Trump, ovvero al
leader del paese che ha smantellato i trattati esistenti in materia di
controllo e disarmo nucleare. Ci sono poi due punti grigi: il primo riguarda la
guerra in Ucraina, che il presidente giudica, come tutte le guerre, orribile –
egli sembra però pretendere che sia la Russia a dover fare il passo indietro;
in caso contrario ci saranno nuove sanzioni. La sua linea appare poco
convincente anche perché non è vero che egli sia del tutto estraneo alla
guerra: sotto la sua prima presidenza è infatti avvenuto il riarmo dell’Ucraina
e la presa in giro della Russia con gli Accordi di Minsk. L’altro punto
grigio riguarda la Cina: i toni sono civili, ma la sostanza è ostile, come nei
confronti dell’Europa. Trump pretende che il disavanzo con l’estero non sia il
prodotto della politica economica americana, ma della concorrenza sleale di
Cina e Europa, i principali creditori. Il suo è insomma un piagnisteo che si conclude
con la richiesta di comprare più prodotti americani – soprattutto armi, nel
caso dell’Europa – e di andare a produrre in America, dove le condizioni
saranno ideali grazie a ulteriori benefici fiscali e a un prezzo del petrolio
che per volontà sua scenderà (e se scenderà nella misura auspicata costringerà
la Russia alla resa). Per convincere Europa e Cina incombe la minaccia dei
dazi; la speranza di Trump è tuttavia che i capitalisti di tutto il mondo non
si limitino a investire a Wall Street, come già fanno, ma vadano a produrre in
America. Il modello glielo offre il suo biasimato predecessore che ha messo k0
la Germania, e indotto alcune imprese tedesche a dislocare negli Stati Uniti.
Difficile che lo stesso modello possa replicarsi in Cina, paese sovrano – e
dove per meritocrazia non si intende il potere dei privilegiati. Sulla pretesa
che un più basso prezzo del petrolio metterebbe ko la Russia – di questa
pretesa è stata fautrice determinata la badante di Biden – interviene Larry
Johnson che in una lettera aperta al suo presidente sottolinea la solidità
dell’economia russa, oltre a far presente che le perdite russe sul fronte di
guerra sono assai inferiori di quelle che verosimilmente provengono al
presidente dalla CIA. Un ulteriore segnale negativo non proviene direttamente
da Trump, ma dal suo governo che ha convinto la presidente dell’UNICEF,
cittadina americana, a disertare la riunione del UNSC avente all’ordine
del giorno i bambini di Gaza. Il rappresentante della Russia commenta con
le giuste parole la diserzione della Russell. Nel seguito del
suo intervento Nebenzja fa poi un’affermazione importante: cacciando
dai territori occupati l’Agenzia per l’assistenza ai profughi palestinesi,
Israele si pone fuori dalle Nazioni Unite.