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sabato 25 gennaio 2025

TRUMP ALLA PROVA
di Franco Continolo



Ci sono due punti positivi nel discorso di Trump a Davos: il primo è la conferma del giudizio che la lotta alla disinformazione è censura, vedremo quanta coerenza ci sarà nel darle seguito; il secondo è l’auspicio di procedere con Russia e Cina verso la denuclearizzazione. Su quest’ultimo punto va osservato che il primo passo spetta allo stesso Trump, ovvero al leader del paese che ha smantellato i trattati esistenti in materia di controllo e disarmo nucleare. Ci sono poi due punti grigi: il primo riguarda la guerra in Ucraina, che il presidente giudica, come tutte le guerre, orribile – egli sembra però pretendere che sia la Russia a dover fare il passo indietro; in caso contrario ci saranno nuove sanzioni. La sua linea appare poco convincente anche perché non è vero che egli sia del tutto estraneo alla guerra: sotto la sua prima presidenza è infatti avvenuto il riarmo dell’Ucraina e la presa in giro della Russia con gli Accordi di Minsk. L’altro punto grigio riguarda la Cina: i toni sono civili, ma la sostanza è ostile, come nei confronti dell’Europa. Trump pretende che il disavanzo con l’estero non sia il prodotto della politica economica americana, ma della concorrenza sleale di Cina e Europa, i principali creditori. Il suo è insomma un piagnisteo che si conclude con la richiesta di comprare più prodotti americani – soprattutto armi, nel caso dell’Europa – e di andare a produrre in America, dove le condizioni saranno ideali grazie a ulteriori benefici fiscali e a un prezzo del petrolio che per volontà sua scenderà (e se scenderà nella misura auspicata costringerà la Russia alla resa). Per convincere Europa e Cina incombe la minaccia dei dazi; la speranza di Trump è tuttavia che i capitalisti di tutto il mondo non si limitino a investire a Wall Street, come già fanno, ma vadano a produrre in America. Il modello glielo offre il suo biasimato predecessore che ha messo k0 la Germania, e indotto alcune imprese tedesche a dislocare negli Stati Uniti. Difficile che lo stesso modello possa replicarsi in Cina, paese sovrano – e dove per meritocrazia non si intende il potere dei privilegiati. Sulla pretesa che un più basso prezzo del petrolio metterebbe ko la Russia – di questa pretesa è stata fautrice determinata la badante di Biden – interviene Larry Johnson che in una lettera aperta al suo presidente sottolinea la solidità dell’economia russa, oltre a far presente che le perdite russe sul fronte di guerra sono assai inferiori di quelle che verosimilmente provengono al presidente dalla CIA. Un ulteriore segnale negativo non proviene direttamente da Trump, ma dal suo governo che ha convinto la presidente dell’UNICEF, cittadina americana, a disertare la riunione del UNSC avente all’ordine del giorno i bambini di Gaza. Il rappresentante della Russia commenta con le giuste parole la diserzione della Russell. Nel seguito del suo intervento Nebenzja fa poi un’affermazione importante: cacciando dai territori occupati l’Agenzia per l’assistenza ai profughi palestinesi, Israele si pone fuori dalle Nazioni Unite.