Giunto
all’età di novantanove anni, Teofrasto, filosofo greco del IV secolo a.C. pose
mano e completò la sua opera “I caratteri”, dopo avere notato che gli Elleni,
pur essendo educati in modo analogo, erano taluni virtuosi ed altri viziosi.
L’opera è tuttora molto godibile. Simulatori, adulatori, ciarlatani, zotici,
cerimoniosi, dissennati, loquaci, narratori di fandonie, spudorati, spilorci, scurrili,
inopportuni, storditi, villani, superstiziosi, scontenti, diffidenti, repellenti,
sgradevoli, vanagloriosi, tirchi, millantatori, superbi, codardi, conservatori,
goliardici tardivi, maldicenti, furfanti, avari sono descritti con arguzia, con accurata precisione
terminologica, e sorprendente modernità di linguaggio, con sottile ironia.
Certo:
i cataclismi mentali avvenuti successivamente con la diffusione in Occidente
delle cosiddette “verità” rivelate da invasati “sacerdoti” delle tre religioni
monoteiste e delle sbrigliate fantasie iperuraniche e metafisiche di Platone (con
il seguito dell’idealismo tardo ottocentesco teutonico) richiederebbero l’aggiornamento di molte voci
(i narratori di fandonie, i simulatori, i dissennati, i codardi) e l’aggiunta
di altre (i falsi e i veri credenti, i “buonisti” dal cuore aperto sempre un
tantino meno delle loro tasche, i fanatici dei simboli: del fascio o della
falce e martello) ma ciò che in questi ultimi tempi sta avvenendo sul Pianeta e
in Occidente, in particolare, potrebbe rendere inutile la fatica per la
sopravvenienza di altri “caratteri” prodotti dalla rivoluzione in itinere
dell’alta tecnologia elettronica e digitale perché talune affinità caratteriali
stanno letteralmente spaccando in due l’Occidente,
omogeneizzandolo in schiere contrapposte: a)
da un lato i nostalgici laudatorestemporis acti (interessati al
mantenimento dei loro privilegi di “ben pensanti” accettati dalla massa), i patetici
evocatori di una maggiore umanità che molti di loro, per crassa ignoranza
(hanno fatto male il liceo, magari dai preti) definiscono “umanesimo”, gli
orfani di molti padri-padroni politici; b)
dall’altro
gli “avveniristi” super tecnologici, fiduciosi auspicanti di un futuro più radioso e migliore (visti con
sospetto dai torvi timorosi del “nuovo”). È questa la spaccatura
che anche in Italia, dopo quella tra democristiani baciapile e comunisti trinariciuti
(ora insieme nel partito del pauperismo dei sussidi, quello Democratico e
vicini, entrambi, ai grillini e a Conte dal nome che Trump declina al plurale
per denunciare l’ambiguità politica del personaggio), tra fascisti e comunisti
(tuttora in corso), si sta palesando con contorni sempre più netti. Da un lato,
i nostalgici del vecchio servilismo democristiano e del più recente ossequio atlantico dei comunisti (quello iniziato con Giorgio
Napolitano) guardano con rimpianto all’America dei Democratici e diffidano da quella
dei Repubblicani. Dal lato opposto i nemici di ogni piagnisteo sul latte
versato (da Biden &co) e cioè i Trumpiani, i Muskiani, i Vancianie altri “avveniristi” che guardano a una
geopolitica diversa con America, Russia e Cina nel ruolo importante che, sulla
base dei dati solo a loro
compete.