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giovedì 20 febbraio 2025

ATTUALITÀ DI TEOFRASTO
di Luigi Mazzella



Giunto all’età di novantanove anni, Teofrasto, filosofo greco del IV secolo a.C. pose mano e completò la sua opera “I caratteri”, dopo avere notato che gli Elleni, pur essendo educati in modo analogo, erano taluni virtuosi ed altri viziosi. L’opera è tuttora molto godibile. Simulatori, adulatori, ciarlatani, zotici, cerimoniosi, dissennati, loquaci, narratori di fandonie, spudorati, spilorci, scurrili, inopportuni, storditi, villani, superstiziosi, scontenti, diffidenti, repellenti, sgradevoli, vanagloriosi, tirchi, millantatori, superbi, codardi, conservatori, goliardici tardivi, maldicenti, furfanti, avari  sono descritti con arguzia, con accurata precisione terminologica, e sorprendente modernità di linguaggio, con sottile ironia.



Certo: i cataclismi mentali avvenuti successivamente con la diffusione in Occidente delle cosiddette “verità” rivelate da invasati “sacerdoti” delle tre religioni monoteiste e delle sbrigliate fantasie iperuraniche e metafisiche di Platone (con il seguito dell’idealismo tardo ottocentesco teutonico)  richiederebbero l’aggiornamento di molte voci (i narratori di fandonie, i simulatori, i dissennati, i codardi) e l’aggiunta di altre (i falsi e i veri credenti, i “buonisti” dal cuore aperto sempre un tantino meno delle loro tasche, i fanatici dei simboli: del fascio o della falce e martello) ma ciò che in questi ultimi tempi sta avvenendo sul Pianeta e in Occidente, in particolare, potrebbe rendere inutile la fatica per la sopravvenienza di altri “caratteri” prodotti dalla rivoluzione in itinere dell’alta tecnologia elettronica e digitale perché talune affinità caratteriali stanno letteralmente  spaccando in due l’Occidente, omogeneizzandolo in schiere contrapposte:
a) da un lato i nostalgici laudatores temporis acti (interessati al mantenimento dei loro privilegi di “ben pensanti” accettati dalla massa), i patetici evocatori di una maggiore umanità che molti di loro, per crassa ignoranza (hanno fatto male il liceo, magari dai preti) definiscono “umanesimo”, gli orfani di molti padri-padroni politici;  
b) dall’altro gli “avveniristi” super tecnologici, fiduciosi auspicanti di  un futuro più radioso e migliore (visti con sospetto dai torvi timorosi del “nuovo”).
È questa la spaccatura che anche in Italia, dopo quella tra democristiani baciapile e comunisti trinariciuti (ora insieme nel partito del pauperismo dei sussidi, quello Democratico e vicini, entrambi, ai grillini e a Conte dal nome che Trump declina al plurale per denunciare l’ambiguità politica del personaggio), tra fascisti e comunisti (tuttora in corso), si sta palesando con contorni sempre più netti. Da un lato, i nostalgici del vecchio servilismo democristiano e del più recente  ossequio atlantico  dei comunisti (quello iniziato con Giorgio Napolitano) guardano con rimpianto all’America dei Democratici e diffidano da quella dei Repubblicani. Dal lato opposto i nemici di ogni piagnisteo sul latte versato (da Biden &co) e cioè i Trumpiani, i Muskiani, i Vanciani  e altri “avveniristi” che guardano a una geopolitica diversa con America, Russia e Cina nel ruolo importante che, sulla base dei dati solo a loro compete.