Arianna Meloni: “Siamo il partito della nazione”. Al di là delle ragioni
motivazionali rivolte alla propria squadra che possono risultare anche
comprensibili questa frase merita un approfondimento senza il quale si lascia
intatta tutta la sua - pericolosa - valenza enfatica.Prima di tutto l’idea di
autoproclamarsi “partito della nazione” si scontra contro una crisi costante
del sistema dei partiti e di trasformazione di natura stessa del partito
politico che appare assolutamente evidente.Verifichiamo prima di
tutto il piano del consenso elettorale: gli ultimi dati complessivi in nostro possesso
riguardano le elezioni europee 2024 (elezioni europee che rappresentano
storicamente il punto di più basso di raccolta del consenso da parte
dell'insieme del sistema politico). Il 9 giugno 2024 su 51.214.348 aventi
diritto i voti validi espressi furono 23. 415. 587.Fratelli d’Italia ha
conseguito la maggioranza relativa con 6.733.906 voti e le tre forze che
formano il governo hanno ottenuto complessivamente 9.079.242: nell’analoga
votazione svolta nel 2019 la maggioranza relativa spettò alla Lega con
9.175.208 voti (all’incirca 2.500.000 in più rispetto a FdI 2024: fu quando
Salvini chiese i “pieni poteri”) mentre l’insieme del centro destra raccolse
13.252. 990 voti (oltre 4 milioni di voti in più rispetto al 2024) in un quadro
generale di partecipazione al voto che aveva visto l’espressione di 26. 783.732
suffragi su 50.974.994 aventi diritto. Per quel che può valere il dato
elettorale appare evidente il calo di consenso complessivo: nel tempo Fratelli
d’Italia ha tolto voti agli alleati (in particolare alla Lega) in un quadro di
calo complessivo nella raccolta di consenso sia del centro-destra sia del
sistema nel suo insieme (un dato questo che dovrebbe preoccupare tutti e
nell'occasione tralasciamo le cifre - paurose - del calo accusato dal M5S soggetto
trainante dell’anti-politica e assoluto primo fornitore della crescita della
disaffezione e della crisi complessiva del sistema).L’altro elemento da
prendere in considerazione in uno sviluppo d’analisi è quello della funzione di
governo che Fratelli d’Italia esercita in una dimensione fortemente accentrata
nella figura della presidente del Consiglio.
Esaminiamo allora alcuni aspetti di
questa politica di governo: 1) Sul piano della politica economica la
legge di bilancio si situa tranquillamente nell’alveo dell’austerity imposto da
Bruxelles e interpretata, attraverso modeste torsioni sul piano fiscale, a
favore dei ceti più abbienti e a scapito di “ultimi” e “penultimi” (copyright
questo dei “penultimi” del convegno di Orvieto dell’area liberaldemocratica); 2) Sul piano della politica estera le
vicende più recenti segnalano una sorta di delega al “nuovo corso” USA cui la
presidente del consiglio si è prontamente allineata nel tentativo di
interpretare una variazione sostanziale soprattutto nel riguardo dell’UE di cui
l'Italia intenderebbe farsi ambasciatrice in un quadro di ripresa
nazionalistica (verificheremo cosa ci dirà l’esito delle elezioni tedesche); 3) sul piano degli obiettivi di riforma a
livello nazionale, finora si sono mossi gli obiettivi degli altri partner
(Lega: autonomia differenziata; Forza Italia: magistratura) che urtano con la
tradizione storica del partito di discendenza ideologica di FdI (il MSI)
nazionalista e giustizialista (addirittura pro-pena di morte, del resto esercitata
con larghezza nel corso della Repubblica Sociale 1943-45). Si è perso per
strada l’improbabile premierato, bandiera di partenza della formazione di
maggioranza relativa mentre del tutto fallimentare si è dimostrata la politica
fin qui perseguita nei confronti del delicato tema dei migranti.Insomma: una politica di
governo che parafrasando il motto di un film americano: “tutta chiacchiere e
distintivo”.Quanto uscito fuori dalla riunione della
Direzione Nazionale di Fdi non può restare senza risposta, una risposta però
che - sui contenuti - dovrebbe far riflettere anche le forze di opposizione:
infatti ci sono punti che li riguardano direttamente.