Sono nato a
Salerno e sono stato sempre felice di sentirmi un figlio della Magna
Grecia della cui cultura sono molto orgoglioso.Ad essa ho sempre ispirato la mia vita pubblica e
privata. Ho sempre pensato che se gli immigrati dal Medio Oriente, ebrei,
cristiani e mussulmani, con il loro fantasioso dualismo (un mondo di qua, reale
e concreto, e uno di là, solo immaginato) non avessero
contaminato la filosofia monistica, empiristica, sperimentale e razionale dei
filosofi sofisti e presocratici dell’era greco-romana e che se il
supponente e autoritario Platone non avesse fornito la base per l’ideazione
delle due utopie politiche più nefaste e funeste mai sognate ad occhi aperti
(il fascismo e il comunismo), oggi la cultura Occidentale non sarebbe
caratterizzata dall’assolutismo, dall’intolleranza e dall’autoritarismo
camuffato della cosiddetta “democrazia” (termine usurpato).
Ho sempre avuto una forte antipatia per Platone
(nato nella Grecia, “parva” e troppo poco distante da popoli barbari per non
conoscerne usi e costumi) creatore supponente e dispotico di una “schola”
(l’Accademia) che, imponendo agli allievi di giurare unicamente in
verba magistri, ha impedito per secoli ogni progresso e mutamento del
pensiero. Di Platone e dei suoi succubi seguaci non mi ha mai convinto un
bel nulla: né il mito della caverna né la sua immaginazione dell’“al di
là” iperuranico che, a mio giudizio, faceva acqua come una nuvola piena di
pioggia.
Il mio ceppo
paterno era originario di Procida. Quei miei antenati, trasferitisi in
“Continente” si erano assestati a Vitulano nel Beneventano e poi a Eboli,
Campagna, altri centri della piana del Sele e Salerno. Mio nonno, Camillo,
mi parlava spesso di un cugino, suo omonimo rimasto nel Patriziato di
Vitulano e divenuto il primo cardinale gesuita nella storia del
Papato. Di questo parente la libreria di nonno Camillo racchiudeva libri
voluminosi (oggi in mio possesso) scritti in latino. La famiglia di mia
madre era, invece, salernitana tout court e vantava l’esercizio
della professione forense a livelli molto alti da diverse generazioni.Grazie al mio amico Vincenzo De Luca, di cui non
ho mai condiviso la militanza politica a causa della mia idiosincrasia per
ogni assolutismo (religioso o politico, senza alcuna differenza) ma di cui sono
stato (e sono) grande estimatore come Sindaco (per diversi mandati) della mia
città, ritorno sempre volentieri a Salerno che ha ricevuto una
trasformazione urbana che ne
ha mutato radicalmente il volto.
Credo che nessuna
città italiana come Salerno possa vantare l’apporto internazionale dei maggiori
architetti contemporanei. Il barcellonese Oriol Bohigas ha
ridisegnato soprattutto il suo splendido “lungomare”; Ricardo Bofill,
anch’egli spagnolo di Barcellona e di madre veneziana, ha firmato il Crescent
di piazza della Libertà, costruzione poderosa di grande impatto scenografico
che ricalca le linee curve (come quelle della gobba a ponente della “luna
crescente”, e prende lo stesso nome dell’edificio esistente a Bath, in
Inghilterra; David Chipperfield, inglese, ha progettato
la “cittadella giudiziaria” che a dispetto del nome ha un’estensione
immensa;a Zaha Hadid si deve la progettazione della
Stazione marittima; a Santiago Calatrava quella della Marina d’Arechi
(probabilmente, il porto turistico più bello del Mediterraneo.
Infine, al
mio amico fraterno, Paolo Portoghesi, primo di ogni altro suo collega in ordine
di tempo, è dovuta la realizzazione della Chiesa della Sacra Famiglia,
vero capolavoro dell’architettura contemporanea post-moderna. Naturalmente,
vi sono monumenti insigni anche di epoche antecedenti, riportati nei libri di
storia dell’arte italiana. I due più famosi sono la Cattedrale dell’XI
secolo edificata per volere di Roberto il Guiscardo e del vescovo Alfano I° con
un famoso campanile in stile arabo-normanno di notevole altezza e l’Acquedotto
medievale eretto, su originalissime (per quei tempi) arcate ogivali, dai
Longobardi nel IX secolo.Da non
credente ho sempre apprezzato l’equidistanza e l’ironia dei miei antichi
concittadini che hanno sempre ammirato, nel Duomo, l’opera di Dio e
nell’acquedotto quella di Satana (l’acquedotto è stato battezzato popolarmente “Ponte del Diavolo” perché considerato
costruito “con l’aiuto di demoni”).
Salerno, al
di là del suo interesse architettonico e della sua bellezza paesaggistica, è una città considerata, da molti suoi visitatori, civile e
ordinata, molto diversa dalla vicina Napoli di cui condivide, con la
costiera amalfitana e quella sorrentina, il dialetto ma non la capacità di
comporre canzoni di sonora e soave bellezza melodica. È, in altre parole,
un centro di vita caratterizzato più dalla razionalità delle scelte dei suoi
abitanti che non della loro fantasia creativa.E ciò, forse, perché le influenze subìte dalle due città
sono state, nei secoli, diverse. Gli Etruschi
aggirarono Napoli e il suo territorio circostante e arrivarono alla piana
del Sele e dell’Irno (donde: Salerno).
In seguito
Salerno vide alternarsi sul suo territorio popoli in prevalenza nordici (Normanni, Svevi, Longobardi) dai nomi strani: Arechi, Gisolfo, Ermengarda, Sichelgaita in luogo dei Ciro, Gennaro, Carmela,
Concetta del capoluogo napoletano, dominato prevalentemente da Francesi e
Spagnoli (il motto “Franza o Spagna purché se magna” sarebbe nato nei
vicoli di Forcella). Salerno, come
colonia romana, era frequentata da villeggianti amanti del mare, come Orazio.
La mia città
vanta primati più in sede scientifica che artistica. Nel Medio Evo divenne nota per la Scuola Medica, di fama europea, particolarmente esperta
nella conoscenza e nella cura dei veleni e per i giardini della
Minerva. In letteratura, Salerno è citata in tre novelle del Boccaccio, nel
Cunto de li Cunti di Basile, nella tragedia Ricciarda di Ugo
Foscolo e in un romanzo di Andersen L’improvvisatore. Gli scrittori
nativi divenuti celebri sono stati Masuccio salernitano che esalta i suoi
concittadini e sbertuccia amalfitani e cavaiuoli (deformazione di: cavesi) e
tra i contemporanei Alfonso Gatto che nel nome della citta coglie una “rima
d’inverno (dolce) e di eterno”. A Salerno ho
frequentato il Liceo classico “Torquato Tasso” ma per l’Università ho dovuto
recarmi a Napoli negli imponenti edifici, siti sul Rettifilo, della famosa
“Federico II”, nota soprattutto per la sua Facoltà di Giurisprudenza. La
mia città, infatti, è divenuta sede universitaria solo dopo oltre un
decennio dal mio trasferimento a Roma.
Un’ultima
annotazione. Come avvocato dello Stato (fino al culmine della carriera con la
carica di Avvocato Generale) e, poi, giudice della Corte
Costituzionale, oltre che come Ministro per la Funzione Pubblica e capo di
gabinetto in molti Ministeri sono vissuto nell’ambiente forense e
della pubblica Amministrazione per circa sessanta anni.Orbene, a parte la Corte Costituzionale
(costituita successivamente), Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti,
Ministeri hanno avuto, sia pure per breve tempo, sede nella mia città e ho
avuto modi di conoscerne esistenza e struttura prima del mio trasferimento a
Roma.
Dal febbraio all’agosto del 1944 Salerno è stata,
infatti, la sede del governo italiano, ospitando due Esecutivi Badoglio ed uno
Bonomi.Nei libri di Storia si parla pure di “svolta di
Salerno”; ma data la sostanziale immobilità dell’Occidente da oltre duemila
annicredo che il valore
enfatico dell’espressione sia indubbio.