Al riguardo della manifestazione organizzata dal quotidiano guerrafondaio la Repubblica per
il 15 marzo. La partecipazione alla manifestazione sull'Europa organizzata da laRepubblica per il 15 marzo va sottoposta, a sinistra, ad una seria
riflessione. Soprattutto bisognerebbe evitare di cadere nella trappola del
riarmo della Germania.Evitare la trappola non tanto per similitudini con
fatti antichi ma, perché di questo si tratta nel momento contingente quando la
Von der Layen lancia l'idea e spara cifre a centinaia di miliardi.Prima di tutto l'ipotesi di un esercito europeo è tutta
di là da venire.In questa situazione la
Germania è la sola a disporre di una siderurgia all'altezza di una produzione
capace di soddisfare un'ipotesi di adeguato riarmo (torna qui il tema della
capacità industriale di ogni singolo paese con particolare riferimento
all'Italia). La Rheinmetall produce già carri armati e Leonardo è junior
partner mentre è noto che l'industria meccanica italiana è del tutto
sussidiaria a quella tedesca. Inoltre si tratterebbe di un riarmo "da combattimento sul
terreno" perché la migliore tecnologia missilistica e dei droni sta da
altre parti e questo è un altro elemento da considerare.Quanto
al nucleare la messa a disposizione del loro potenziale da parte di Francia e
Gran Bretagna vale più o meno un decimo del potenziale russo (che rimane
numericamente il più consistente) e americano, oltre al presentarsi del
problema di a chi sarebbe assegnato il comando strategico (sempre con
riferimento all'assenza di un esercito europeo).
Quindi le manifestazioni pro-Europa come quella indetta da la
Repubblica per il 15 marzo non possono considerarsi "neutre" da
questo punto di vista e la presenza di bandiere di un solo colore e un solo
simbolo farebbe perdere di vista l'obiettivo paradossalmente causando
confusione e non chiarezza.La sinistra
dovrebbe aver l'obbligo di caratterizzarsi autonomamente elaborando un progetto
di pace anche e soprattutto rispetto al proprio territorio.Non c'è traccia di idee che un tempo pure circolavano a
Est come a Ovest (penso al Piano Rapacki su di una zona smilitarizzata al
centro del continente).Ribadisco un
giudizio di totale disarticolazione delle istituzioni sovranazionali, anche di
quelle elette a suffragio universale come il Parlamento Europeo che non ha
trovato la forza e la capacità di riunirsi in sessione straordinaria e andrà in
sessione ordinaria il 10 marzo.Nessuno tra
l'altro valuta i tempi di un possibile riarmo in conseguenza di una riconversione
industriale che comporta problemi di materiali, trasformazione di linee di
montaggio, dimensione degli impianti, tecnologia.In Italia l'operazione contraria, cioè di dismissione
dell'industria bellica dopo la seconda guerra mondiale durò all'incirca
quindici anni dal 1945 al 1960 cioè alla vigilia del boom quando una parte
della siderurgia fu abbandonata e l'industria cominciò a lavorare sui prodotti
del consumo individuale oltre l'auto gli elettrodomestici e la televisione per
rendere il tutto accessibile al grande pubblico, più o meno in contemporanea
con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e lo sviluppo della telefonia
che con la SIP cominciò ad entrare nelle case della piccola borghesia e della
classe operaia con il telefono duplex.Quanto
tempo occorrerebbe oggi per una operazione all'inverso sia pure usufruendo di
tecnologie ben diverse? Armarsi significa pensare alla guerra: è questo un
inevitabile orizzonte?Anche e soprattutto
per questo serve subito una proposta di pace considerando l'Europa uno spazio
politico e non acriticamente come un bene in sé, e agendo di conseguenza a quel
livello. Insomma è più realistica una proposta di pace che un'utopia di un
armamento davvero difficile da realizzare.