LA “NEUTRALITÀ” TRA MUSSOLINI E I
SANTI
di Luigi Mazzella
Il termine “ripudio della guerra”, di cui parla l’articolo 11 della Costituzione, intende esprimere qualcosa di più di un semplice rifiuto; è il risultato di una scelta decisa e senza possibilità di compromessi. In altre parole, per chi ripudia la guerra, essa sarebbe solo una “res inter alios acta” che, sul piano della pura razionalità, non dovrebbe scuotere chi ne ha una ripulsa profonda e meditata e si dimostra saggiamente refrattario a farsi convincere dalle contrapposte (e spesso ugualmente false) propagande dei belligeranti. Ancora: l’approdo naturale per chi “ripudia” la guerra dovrebbe essere la “neutralità” del proprio Paese, perseguita, con leggi o iniziative referendarie adeguate, da Governanti e Parlamentari che non amano tenere a lungo il prosciutto sugli occhi. Tutto ciò a livello di pensiero puro e libero. In pratica e nella confusione dei convergenti, seppure opposti o quanto meno diversi, irrazionalismi Occidentali, purtroppo, non è così.

Tajani e von der Leyen
due facce della guerra

due facce della guerra
In Italia, per esempio, a tacere del motto Mussoliniano sugli Italiani come un “popolo di eroi” e della sua retorica sui “battaglioni della Morte creati per la Vita”, continuano ad avere un peso rilevante le dissertazioni di un dottore della Chiesa cattolica, fatto “santo” (Agostino) sulla “guerra giusta”, che, riprese da un altro santo (Cirillo di Alessandria) e sviluppate da Tommaso d'Aquino, sono state tenute ferme dalla Chiesa fino a nostri giorni. E si tratta, è bene precisare, di valutazioni moderate perché la cultura religiosa di origine mediorientale ha elaborato e diffuso anche il concetto di “guerra santa”, ben più gravido di conseguenze criminali. Orbene, rifiutare con dichiarazioni di “neutralità” una guerra “santa” o anche solo “giusta” ha il valore di una blasfema bestemmia.

Calenda, la faccia della guerra
