Il
lunghissimo e nonostante questo, bellissimo monologo di Benigni sulla nascita,
storia e presente situazione dell’Unione Europea su Rai 1 mercoledì sera 19-3
2025 (https://www.raiplay.it/programmi/ilsogno - per chi
l’avesse perso), è stato un esempio lampante di come l’uso delle parole possa
essere efficace nell’espressione e comunicazione del pensiero. L’ampiezza e la
profondità degli argomenti trattati, la capacità di tenere alta l’attenzione,
la proprietà di linguaggio, la mancanza di ripetizioni o di alcuna monotonia
per tutta la durata, senza interruzioni per oltre due ore, ne fanno una delle
migliori interpretazioni di questo grande artista e comunicatore del nostro
tempo. Un esempio di grande maestria dei principii che ho cercato di delineare
nel mio brevissimo e schematico articoletto su “Pensieri e parole” (https://libertariam.blogspot.com/2025/03/parole-e-pensieri-di-romano-rinaldi-l.html?m=1 ).
Alla luce di questa necessariamente
breve introduzione, è un gran peccato che la nostra (sì, rappresenta tutti noi,
volenti o nolenti) Presidente del Consiglio si sia ritenuta in obbligo di
scagliare un sasso provocatorio, preventivo e fuori luogo, contro l’opposizione
nell’aula del Parlamento proprio sull’argomento che avrebbe trattato Benigni
nella stessa serata in diretta nazionale ed in Eurovisione. A parte la solita
sguaiatezza formale, alla quale siamo ormai quasi assuefatti, l’intervento
evidentemente mirato a suscitare la reazione pavloviana dell’opposizione, ha
toccato un argomento che accomuna tutti gli europeisti, italiani e di tutte le
altre 26 Nazioni, a prescindere dalla tendenza politica. Si è trattato di un
attacco nientepopodimeno che al Manifesto di Ventotene, con la lettura
strumentale di un passaggio, avulso dal contesto di tutta l’opera e in sfregio
al contesto temporale (1941) in cui l’opera fu concepita. In modo da portare
offesa a coloro che a buon diritto, sono da ritenere i padri fondatori
dell’Unione Europea nella sua configurazione democratica e federale alla quale
l’impianto UE non è ancora giunto nonostante abbia potuto godere, in virtù dei
principi di base di quel documento, del periodo di Pace più lungo in assoluto in
almeno 3000 anni di storia.
Nel bellissimo intervento di
Benigni appaiono ben chiari anche i motivi per questo tutt’ora faticoso e
impervio cammino delle nazioni europee verso un disegno federale e democratico come
auspicato dai padri fondatori. Benigni ne ha tracciato alcune delle vie da
percorrere. Primo fra tutti, il superamento del diritto di veto che può opporre
una sparuta minoranza al volere della stragrande maggioranza per fare avanzare il
progetto. È esattamente la medesima condizione in cui si dibattono altri
organismi sovranazionali, come la stessa ONU, dove il potere di veto anche di
un solo Stato può bloccare qualunque risoluzione del Consiglio. Alla luce
dell’idea di democrazia che alberga in ciascuno di noi, è fin troppo evidente
che questo sistema non ha nulla a che vedere con le decisioni che i consessi di
persone ragionevoli, dalle sedute di condominio in su, devono poter prendere
per attuare processi e innovazioni nell’interesse di tutti e per il bene
comune. Ma tant’è, si tratta di imperfezioni necessarie al momento della
istituzione di questi organismi, per evidenti motivi di salvaguardia del volere
di ciascuno in attesa della maturazione in seno a tutti i componenti, dell’idea
di compartecipazione ai benefici di tutti anche rinunciando ad un eventuale
temporaneo e particolare interesse, a turno, di ciascuno. Ecco, se proprio
avesse voluto muovere una critica all’attuale forma delle istituzioni europee,
la Presidente del Consiglio avrebbe potuto esprimersi su questo aspetto,
piuttosto che rimarcare strumentalmente la presenza in quel documento di 84
anni fa di espressioni che fanno riferimento alla condizione in cui si trovava
l’Italia e gran parte dell’Europa in quel momento: la dittatura e la
conseguente peggior guerra in assoluto per tutta l’umanità.