L’espressione
verbale del pensiero ci fornisce una chiave di lettura della mente di chi lo
esprime. Un vecchio detto americano dice: “before moving your tongue, make
sure the brain is in gear” (prima di mettere in moto la lingua, assicurati
che il cervello abbia la marcia innestata). In effetti, la scelta delle parole
per esprimere un concetto è un procedimento che richiede, oltre a una mente
sveglia, la capacità di esprimere concetti che il cervello acquisisce con una
rapidità strabiliante, e con pari velocità riesce, nel migliore dei casi, a
trasmettere attraverso il linguaggio una rappresentazione il più fedele
possibile del pensiero all’interlocutore, in modo che perlomeno non ci siano
malintesi e al meglio che il concetto sia pienamente compreso. La scelta delle
parole adatte ad esprimere quel concetto (o pensiero che dir si voglia), è alla
base di questo procedimento e questo è un meccanismo in cui entrano in funzione
molti altri fattori che possono essere descritti nel loro insieme come la capacità
di articolare il discorso attraverso le proprie conoscenze linguistiche e la
pratica oratoria. È ben evidente che non tutte le persone, anche quelle con un
elevato grado di educazione culturale e linguistica, siano in grado di
esprimersi compiutamente a voce o per iscritto. A noi tutti è capitato di
faticare per capire la dimostrazione di un teorema in un libro o di non capirla
perfettamente seguendola dalla viva voce del docente. Inoltre, anche queste due
espressioni verbali, scritta e orale, hanno caratteristiche espressive
totalmente diverse data l’impossibilità di modulare il suono nella prima.
Questa piccola introduzione mi
serve per spiegare il fatto che la povertà di linguaggio e la mancanza di
articolazione denotano carenze intellettive perlomeno per quanto riguarda le
capacità oratorie. Se poi, dietro queste carenze si celi una mente che riesce
solamente a gestire a mala pena l’espressione linguistica oppure se questo
handicap discenda da altri fattori che non inficiano le capacità intellettive
dell’individuo, questo potrà dirlo solamente qualche test psicoattitudinale o
psicoanalitico magari associato a qualche metodo fisico di determinazione dell’attività
cerebrale. Quest’ultima possibilità sta infatti alla base delle iniziative
tecnologiche tese ad interfacciare il cervello umano con strumenti cibernetici per
incrementare le capacità intellettive dell’individuo anche normodotato o persino
subnormale. Tuttavia, finché non sorgerà
l’alba del superuomo informatico e cibernetico, ce la dobbiamo vedere tra
mortali comuni coi parametri di giudizio che il contenuto cranico di ciascuno
riesce a metterci a disposizione. L’altro fattore necessario per
far intendere all’interlocutore il proprio pensiero risiede nella capacità di
articolare il discorso dando conseguenza logica ai vari passaggi in modo da
portare l’interlocutore a seguire il proprio percorso mentale attorno al
ragionamento. La scelta delle parole; la loro sequenza nel contesto, le
affermazioni circostanziate e i relativi aggettivi sono anche di fondamentale
importanza. La padronanza linguistica è dunque il presupposto fondamentale per
una comunicazione efficace, rapida e attinente alla realtà dei fatti. Sulla
base di queste seppur generiche considerazioni, vorrei ora che ciascuno di noi
provi a riconsiderare alcuni dei passaggi fondamentali di discorsi, trascrizioni
e articoli, che abbiamo recentemente ascoltato o letto e che probabilmente segneranno
cambiamenti radicali nelle sorti di una buona parte dell’umanità. Sto parlando
evidentemente di tutto quanto ruota attorno al recente cambiamento al vertice
della più antica democrazia occidentale e in particolare dello scambio tra il
presidente, insieme col suo vice, di quella nazione, e il presidente di un’altra
nazione fino a quel momento alleata della nazione dei primi due. Si è trattato
di una riunione di enorme importanza in quanto avvenuta durante una situazione
di belligeranza che si protrae da oltre tre anni con centinaia di migliaia di
morti e milioni di feriti, profughi e relative immani distruzioni ed una conseguente
divisione del mondo che sembra preludere a cambiamenti epocali. Situazione in
cui sono corresponsabili, direttamente o indirettamente entrambe le nazioni
suddette, oltre naturalmente alla nazione sul fronte opposto che ha avviato
l’operazione militare che scatenò la guerra nel Febbraio del 2022.
A seguito di questi eventi, si ha
ragione di temere per la sopravvivenza di Istituzioni nazionali e
sovranazionali che hanno finora assicurato la coesistenza pacifica tra le
nazioni che, nel secolo scorso, hanno dato prova della loro incapacità di
convivenza civile e pacifica con due guerre mondiali e che finalmente si sono
riconciliate da un’ottantina d’anni a questa parte, assicurando alle loro
popolazioni il periodo di pace più lungo nella loro millenaria storia. Orbene,
quel colloquio ha marcato un evidente tradimento dei principi e delle istituzioni
che finora hanno retto un equilibrio, seppur precario, per tutti questi anni di
pacifica convivenza. Ora ho finito anch’io le parole.
Chi ha la capacità di intendere l’idioma e le poverissime gergali espressioni
linguistiche utilizzate da quel presidente e dal suo vice, si accomodi e provi
a capire qual è il grado di comprensione semantica, storica, filosofica e
umanitaria della situazione che avevano il compito di gestire a nome e per
conto non solo delle loro stesse belle facce, ma di fronte all’umanità intera.
Riguardo l’interlocutore che i due hanno assalito e difatti tradito, mancando persino
all’elementare principio dell’ospitalità, principio rispettato e venerato in
quella terra dalle tribù primitive che la abitavano prima che individui di questo
stesso calibro e spessore culturale li annientassero, l’interlocutore, dicevo, non
essendo padrone dello strumento linguistico soprattutto gergale e
approssimativo col quale è stato aggredito, ha tutte le scusanti del caso. Questa è la mia analisi dal punto di vista semantico e
linguistico di un caso di “colloquio” che farà la storia. Sugli effetti pratici
di questo scambio di parole che mi ha fatto ricordare quel famoso detto
americano richiamato all’inizio, e di tutte le situazioni che preludevano questo
esito, mi sono già ampiamente espresso negli ultimi due mesi e negli anni
passati con una copiosa produzione alla quale rimando il lettore desideroso di
capire il mio pensiero.