ROMANO PRODI SULL’EUROPA E LA PACE di
Giacomo Costa
Romano Prodi
Allo
sconcerto per il fatto che l’Europa sia esclusa dai negoziati tra Usa, Russia,
e Ucraina di solito si oppone la totale inerzia diplomatica dell’Europa nei tre
anni della guerra. In una recente
interessante intervista rilasciata a il Fatto Quotidiano (15 Marzo) Romano Prodi ha
osservato dispiaciuto che “L’Europa non ha fatto niente per la pace”, in particolare
non ha offerto canali diplomatici per una trattativa: “Vi rendete conto della
gravità del fatto che la trattativa sia in Arabia Saudita? E i mediatori siano
turchi, sauditi, brasiliani?”. Cercando
le ragioni di questa inerzia Prodi indica la mancanza di unità politica
dell’Europa, la perdurante azione ostativa degli “ex-imperi [Gran Bretagna e
Francia] che sono peggio degli imperi”, la paralizzante regola dell’unanimità
del Consiglio Europeo. Tutte ipotesi di spiegazione plausibili e che possono anche
essere concorrenti invece che reciprocamente esclusive. Ma che mi sembra non
vadano al fondo del problema.
I paesi europei sono membri della
Nato, ossia di un’alleanza militare capeggiata dagli Usa che è stata sin
dall’inizio dell’invasione schierata a difesa dell’Ucraina. Invero come fu reso
orgogliosamente noto dal funereo Jens Stoltenberg, il segretario generale della
Nato, proprio all’inizio dell’invasione, la Nato preparava, armava,
equipaggiava, addestrava da anni l’esercito ucraino ad uno scontro con quello
russo. Inoltre, l’obiettivo dichiarato della Nato, come anche degli Usa, era di
ottenere una “pace giusta”, che significava completa indipendenza politica
dell’Ucraina e mantenimento della sua integrità territoriale.
In questa
posizione, ai paesi europei non restare che seguire scrupolosamente le
istruzioni e assentire generosamente alle richieste della Nato, degli Usa,
dell’Ucraina, e… aspettare le vittorie sul campo che si sarebbero concluse con
la ritirata dell’esercito russo nel suo territorio se non la sua rotta. Questa
ipotesi di soluzione del conflitto, che è stata tenacemente mantenuta dall’Amministrazione
Biden anche dopo il fallimento delle contro-offensiva ucraina del 23, aveva il
merito di una grande semplicità: non c’era bisogno di alcun negoziato. Si
ricordi la nettezza con cui Zelensky (14 Maggio 2023) respinse le profferte di
mediazione del Pontefice. I russi sarebbero stati respinti, sconfitti, forse
addirittura disarmati, aveva annunciato prima di lui Lloyd Austin, Segretario
della Difesa statunitense nella famosa dichiarazione di Ramstein (26 Aprile
2022). Rimproverare all’Europa la mancanza di iniziativa diplomatica si può
fare solo se si dimenticano questi importanti passaggi degli ultimi tre anni. È
sorprendente quanto in fretta tutti se ne siano dimenticati.
Ora, molto è cambiato. Prodi
nella sua intervista non ne parla. Dal fallimento della contro-offensiva la
guerra ha perso ogni interesse per gli Usa. L’occasione di approfittare della
debolezza della Russa per “renderla inoffensiva”, l’obiettivo dichiarato della
Presidenza Biden a Ramstein, era svanita. Per Biden la guerra si reggeva su se
stessa, cioè, sulla preoccupazione di non perdere nuovamente la faccia. Ma
Trump non avendo istigato la guerra non aveva questa preoccupazione. Né
conserva gli istinti anti-russi di Biden, formatosi nella Guerra Fredda, e dei
neo-con, con il loro suprematismo imperialistico. Trump è il primo Presidente
degli Usa a dire che “la Russia non è un nemico”.
Molti in tutto il mondo, ad
esempio, il Parlamento europeo, hanno trovato questa affermazione sconvolgente
e inconcepibile, un vero oltraggio all’Europa: di un nemico c’è pur bisogno! La
nuova politica statunitense verso l’Ucraina (e l’Europa) nella sintetica
formulazione del nuovo Segretario della Difesa, Pete Hegseth, è la seguente: 1)
una sconfitta militare russa è irrealistica, e perseguirla ad oltranza
catastrofico; 2) l’ingresso dell’Ucraina nella Nato impraticabile; 3) la
sicurezza dell’Ucraina a conclusione dei negoziati sarà un compito che dovrà
ricadere sui paesi europei. È difficile sintetizzare le reazioni europee ai tre
punti di Hegseth. Almeno gli “ex-imperi” - come li chiama Prodi- non accettano
1).
Forse nessuno accetta 1). Sono tutti così riluttanti ad accettare 1) che il
Parlamento europeo il giorno dell’approvazione di Re-Arm ha anche approvato una
mozione per aiutare l’Ucraina a rifiutare i risultati del negoziato di pace
condotto da Trump: ne potrebbe seguire una ripresa della guerra di durata
indeterminata. Anche se gli ucraini ormai sono sfiniti, i paesi europei, a
differenza degli Statu Uniti, non esiterebbero a mettere in campo corpi d’armata
loro. La Ue avrebbe finalmente una ragione di essere, una guerra infinita con
la Russia. Ma gli ex-imperi sono anche indaffarati ad evitare 3), evitare cioè
il taglio al cordone ombelicale atomico, che tutti considerano una iattura. La
Russia fornirebbe un eterno nemico, gli Usa un eterno protettore e dissuasore
atomico.
In questo rimescolio di carte, in
cui la von der Leyen si precipita a Parigi e a Londra dimentica di essere la
Presidente della Commissione Europea, c’è un grande assente, un’entità
totalmente ignorata o dimenticata e ritenuta un inutile residuo del passato. Ma
forse per far coesistere il mondo serve ancora e non sarebbe saggio buttarlo
nel cestino dei rifiuti: l’Onu. Tutti i paesi occidentali, non solo gli Usa,
stanno agendo come se non esistesse. C’è un’eccezione: un minimo di lealtà
universalistica è stato mostrato dal governo italiano, che ha lodevolmente
dichiarato che schiererà delle truppe, se mai, solo come contingente dell’Onu.