La guerra commerciale di Trump è guerra di classe. Se la
guerra mondiale con armi più o meno convenzionali è ancora a pezzetti, che però
tendono a congiungersi in un diabolico puzzle, quella dei dazi è già in essere.
Procede con strappi, improvvisi dietrofront, ricatti ma è certamente il pezzo
forte della trumponomics. Il suo
effetto immediato è creare pesanti turbolenze e sbandamenti in primo luogo per
l’economia Usa, oltre che per quella internazionale, ove le previsioni sono
ancora più cupe. Tanto che l’autorevole Wall
Street Journal - ma anche The
Economist concorda - l’ha definita “la guerra commerciale più stupida della
storia”. Ma non è proprio così. In realtà le guerre commerciali sono guerre di
classe. Gli effetti dei dazi contrapposti porteranno ad una perdita di reddito
per le classi inferiori, oltre che per i paesi del Global South.
Nella fase montante della
globalizzazione, nella quale la Cina era la fabbrica del mondo, gli Usa
potevano acquistare prodotti cinesi a basso costo e di modesta qualità, da
vendere alle classi lavoratrici pur lasciando modesto il loro tenore di vita. Ma
ora che la Cina compete sui rami alti dello sviluppo tecnologico (dagli
autoveicoli con motori elettrici all’intelligenza artificiale) tale sistema non
può più essere replicato. La crisi del processo di globalizzazione ha generato
il ritorno al protezionismo - e Trump ne è il sacerdote più che il profeta -
visto che la competitività sulla qualità e l’innovazione dei prodotti rimane un
mantra della (falsa) ideologia del capitalismo. Chi comanda ora non si
accontenta più di avere vinto la lotta di classe, come disse Warren Buffett, ma
vuole stravincere, con la brutalità di chi minaccia “guai ai vinti!”. E così la
“distruzione creatrice” di Schumpeter affonda nella furia nichilista di chi
tiene in mano le leve del potere politico ed economico.
Warren Buffett
Il nichilismo dall’alto di Trump
si basa su una riduzione totale del valore d’uso di ogni cosa, materiale ed
immateriale, al valore di scambio. La pace in Ucraina diventa così lo
sfruttamento delle terre rare. Quella in Palestina, la costruzione di un luogo
di villeggiatura di eccellenza, cacciando il popolo palestinese in un
improbabile altrove. L’esplorazione dell’universo è strumento di arricchimento
esclusivo per Elon Musk, calpestando il Trattato internazionale del 1967 per
cui invece avrebbe dovuto essere “appannaggio dell’intera umanità”. La moneta
stessa non è più - come scriveva Charles Kindelberger - quel particolarissimo
bene comune che perciò deve essere protetto dalla speculazione privata, ma
strumento in mano al Presidente degli Usa, non solo impegnato in uno scontro
con la Fed, che ha già comportato l’amputazione di sue importanti funzioni,
quale la vigilanza bancaria, ma anche nella costruzione di un futuro radioso
per le criptovalute, tramite la World
Liberty Financial, società saldamente in mano a The Donald e ai suoi
rampolli.
Stephen Miran
Quando Trump spavaldamente
afferma di non temere la recessione (che gli analisti chiamano Trumpcession) perché al massimo si
tratterebbe di un inevitabile periodo di transizione verso il rilancio
dell’economia, non fa altro che tradurre nel suo linguaggio il disegno contenuto
in un documento elaborato nel novembre del 2024 dal suo consigliere economico,
Stephen Miran, per evitare la bancarotta minacciata da un crescente debito
pubblico. Infatti diversi analisti parlano di una recessione o almeno di una
crisi pilotata ai fini di rallentare l’economia, giungere ad una svalutazione
del dollaro per rilanciare le esportazioni, ridurre il disavanzo della bilancia
commerciale, costringere la Fed ad una riduzione dei tassi di interesse.
Elon Musk
In
sostanza se la Trumponomics riuscisse
a fare scendere l’inflazione e i tassi di interesse - osserva un importante
manager del colosso finanziario giapponese Nomura - sarebbe più facile mettere
in atto una politica economica basata sui tagli fiscali e sulla
deregolamentazione. Esattamente ciò che vogliono le élite economico-finanziarie
e ciò che ha promesso Trump in campagna elettorale. Un disegno che non può
essere contrastato solo entro i confini Usa, ma a livello internazionale. Per
questo sono decisivi i passi che compiranno i Brics e la ripresa della lotta di
classe nei paesi a capitalismo maturo. Come dice Bernie Sanders in una lettera
diffusa in tutto il mondo, non bisogna farsi prendere dalla disperazione,
malgrado la situazione sia estremamente grave.