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domenica 6 aprile 2025

WILLIAM BLAKE
di Anna Rutigliano

 
Visionario sin dalla tenera età, fervido sostenitore della rivoluzione francese e ribelle verso tutto ciò che incatena l’immaginazione in regole e dogmi, Sir William Blake è noto soprattutto per essere un abile incisore più che il poeta inglese della cerchia dei romantici; si dice che, in punto di morte, stesse proseguendo la propria opera di incisione della Divina Commedia del sommo poeta, commissionatagli dal pittore John Linnel. Nella sua raccolta di poesie Songs of Innocence and of Experience, edita nel 1794 durante gli anni del regime del terrore, e dal poeta definita “illuminated books”, libri profetici, Blake ci rende partecipi di un vero e proprio viaggio metaforico-allegorico negli stati contrari dell’anima e della coscienza che solo l’immaginazione, vero motore della gnosi, può sintetizzare. Essa si materializza nella parola poetica, superando la dicotomia fra bene e male e rendendo possibile la simbiosi con il divino, con l’universo. Blake aspira dunque a superare sia la concezione manichea veicolata dai rigidi dogmi delle istituzioni ecclesiastiche della sua epoca, sia l’idea del peccato originale, causa di sofferenze esistenziali. Esemplari a tal proposito sono i Canti dell’esperienza e dell’innocenza intitolati ‘Lo Spazzacamino’ (The Chimney Sweeper) in cui leggiamo versi altamente ossimorici: “and because I am happy & dance& sing, they think they have done me no injury… who make up a heaven of our misery/ e poiché sono felice danzando e cantando, loro pensano di non avermi fatto del male, preti e re,  i quali sono coloro che hanno creato il paradiso della nostra miseria) o ancora nel canto ‘Londra’ (London), “but most thro’ midnight streets I hear how the youthful Harlot’s curse blasts the new born Infant’s tear…/ ma ciò che più odo, aggirandomi per le strade a mezzanotte è la maledizione della giovane prostituta che inaridisce il pianto del neonato…). Analogamente, per il Canto The Human Abstract, ho cercato di conservare la rima nella resa in lingua italiana. Qui il mistero del frutto dell’inganno, di cui la Chiesa detiene il significato più profondo, assurge a simbolo dei limiti imposti dalla ragione umana sull’antitesi fra bene e male, creando false illusioni: una corrispondenza totalmente inesistente in natura. L’originalità e universalità della poesia blakeana consistono nel dare voce poetica alle miserie, timori e drammi dell’umana esistenza facendo appello alla facoltà immaginativa capace di fondersi, proprio come in una incisione a rilievo su lastra, con la Divina Immagine, custode di amore, grazia, pietà e pace.



Sunto dell’Umanità
 
Pietà non vi sarebbe,
se non fosse creata la Povertà,
né vi sarebbe Carità
se tutti fossimo felici allo stesso modo.
 
Pace porta la reciproca paura
Finché l’amore di sé cresce in dismisura,
la Crudeltà quindi tesse la sua trappola e
diffonde le proprie esche con cura.
 
Con sacro timore ella siede
inondando di lacrime il terreno,
l’Umiltà spunta allora sotto il suo piede.
 
Presto la cupa ombra del Mistero
si dispiega sulla sua testa
e bruco e mosca ne traggono festa.
 
Esso sostiene il frutto del Peccato,
dannato e dolce a mangiarsi
mentre il corvo, all’ombra più corposa
il suo nido ha già formato.
 
Gli Dei del Mare e della Terra invano
questo albero in Natura hanno cercato:
è tutto frutto dell’umana mente.