“Il Manifesto” di martedì 13 maggio torna sul tema della coscienza
di classe intervistando la politologa albanese Lea Ypi autrice di un recente
testo Confini di Classe pubblicato da Feltrinelli e già recensito dal
quotidiano comunista.La Ypi risponde, tra le
altre, ad una domanda sulla creazione della coscienza di classe richiamando la
funzione di partiti e movimenti per la costruzione di una egemonia del discorso
recuperando un modello di partito inteso gramscianamente come “Moderno Principe”.Considerata la crisi della “forma – partito” aperta
sotto l’impeto della rivoluzione tecnocratica e la necessità di scoprire nuove
soluzioni pur avendo piena consapevolezza del tema che Ypi pone mi permetto di
proporre uno spunto di riflessione citando così:“Lo scioglimento della massa
proletaria è opera della solidarietà.Nella solidarietà della lotta di classe
proletaria è abolita l’inerte contrapposizione a-dialettica fra individuo e
massa, per i compagni essa non esiste.Perciò, per quanto la massa sia decisiva per
il capo rivoluzionario, la sua opera maggiore non è quella di trascinare le
masse verso di sé, ma di farsi continuamente includere nelle masse, in modo da
essere continuamente per esse uno fra le centinaia di migliaia”.È questo l’incipit di un testo di Walter Benjamin, scritto
tra la fine del 1935 e l’inizio del 1936.Un
testo che viene considerato come un atto di adesione al marxismo da parte del
grande filosofo tedesco: anzi la nota viene considerata come “militante”.Verifichiamo ancora, per un momento, la frase
conclusiva di questo testo:“Da parte sua però il proletariato prepara
una società in cui non esisteranno più, per la formazione delle masse, né le
condizioni oggettive né quelle soggettive”.Se di adesione al marxismo si può parlare essa però
contiene sicuramente una dose critica rispetto agli inveramenti marxiani
maggioritari in quel periodo storico.
Adorno, in una
lettera scritta il 18 Marzo del 1936, riteneva questa nota degna di stare
accanto a Stato e Rivoluzione.Benjamin
sembra avvicinarsi, però, alla Rosa Luxemburg che analizza lo sciopero di massa
nel senso di considerarlo la scintilla che trascina e trasforma nel corso della
lotta quegli strati proletari privi di coscienza di classe, ma forti di
disposizione rivoluzionaria.Più ancora
proprio nel passaggio riguardante lo “scioglimento” della massa proletaria
un’eco dell’ipotesi di egemonia gramsciana (che Benjamin in quel momento non
poteva conoscere nella potente estrinsecazione svolta da Gramsci nei
“Quaderni”).La funzione del capo rivoluzionario
incluso nelle masse può ben essere interpretata come punto di espressione di
una egemonia della classe elaborata a livello di élite e tramutata in atto
rivoluzionario dalla massa proletaria fattasi coscienza collettiva.Tutto questo riveste, sul piano teorico, un’importanza
decisiva nel momento in cui si pensa a una nuova strutturazione del soggetto
politico della “classe” dopo il fallimento degli esperimenti successivi alla
fase del partito di massa: in questo senso un’altra accezione gramsciana, quella
del passaggio dalla classe al popolo, deve essere analizzata a fondo
considerando il concetto di solidarietà che si rileva in Benjamin come “lo
strumento che sciolga la compatta indifferenza della massa, in quanto nuova
leva di formazione per la coscienza e la lotta di classe”.Il punto risiede, invece, nell’individuazione di vasti
settori sociali nei quali far penetrare il necessario livello di coscienza al
fine di consentire, attraverso di essi, al soggetto di esercitare egemonia
sugli orientamenti di fondo della classe.Un
partito, in sostanza, a direzione “diffusa” con un concetto di relazione tra
verticalità e orizzontalità nella direzione politica posto in
grado di esprimere tre elementi critici rispetto al modello passato:
1) la solidarietà nella massa, senza il vincolo stretto della dimensione
puramente ideologica; 2) L’espressione di questa solidarietà come egemonia
verso l’intera classe; 3) Una direzione “larga” composta da quadri diffusi sul
territorio e nella società capaci di introdurre anche elementi di “parzialità”
nel rapporto con il partito e di forte, ragionato, ricambio nella formazione
dei gruppi.Una visione originale dunque della
“via consiliare” sulla quale forse, pensando a una strutturazione politica
della classe adeguata alla complessità dell’oggi, vale la pena di sviluppare
qualche riflessione sul piano teorico.