Pagine

giovedì 1 maggio 2025

IN NOME DELL’IGNORANZA UNIVERSALE
di Romano Rinaldi


 
Una vecchia canzone goliardica recitava il ritornello: “(…) in nome della fratellanza universale…” a corollario di una iconoclastica e irriverente sequela di lazzi e derisioni, storpiature di litanie liturgiche al limite della blasfemia. Il significato di tale liceità era assai chiaro; gli studi superiori aprivano la mente al libero pensiero e la prima libertà si esprimeva con l’affrancamento dalla liturgia religiosa con le sue ripetizioni ossessive di frasi che proprio in virtù di quella ripetizione, diventavano ineludibili obblighi per il popolo ma apparivano come esecrandi esercizi di stoltezza per le menti pensanti. Altrettanto chiaro è il fatto che il cosiddetto “Sessantotto” e le sue rivolte anti-baronali si è portato via tutta questa contro-liturgia caratteristica della goliardia perché a quel contraltare non faceva più riscontro l’altare a cui voleva far fronte ed era giunto il tempo di liberarsene definitivamente.



In pratica, l’Università si stava appropriando definitivamente del ruolo di libera istituzione che era l’esatta cifra della sua fondazione, pur avendo avuto come levatrici le chiese e gli ordini monastici non solo cristiani ma anche delle altre religioni, a partire probabilmente dal buddismo e dall’islamismo.
Cosa sta ora avvenendo all’istituzione universitaria negli Stati Uniti d’America? E in quale misura dobbiamo attrezzarci per evitare la solita emulazione “culturale”? Quali sono i motivi per cui la presente e da pochissimo insediata nuova amministrazione si sta producendo in un osceno attacco alle più blasonate e antiche università private di quel Paese, meta delle migliori menti (spesso sostenute dalle famiglie più abbienti) dei giovani provenienti da ogni parte del mondo, oltre che naturalmente da tutti gli Stati dell’Unione? In nome di quale mai principio superiore, l’attuale dirigenza politica americana ha scatenato una tanto scriteriata opposizione alle Istituzioni di più elevata educazione, perno e fucina del pensiero e della evoluzione scientifica, tecnica, giuridica, economica, medica e di tutto lo scibile per cui si sono distinte nei secoli? Quale mai ragione possono accampare con la sottostante pretesa di ridare all’America la grandezza a cui ambiscono, decantata in coro negli slogan elettorali, soffocando la libertà delle istituzioni che annoverano il più alto numero di premi Nobel tra i loro docenti ed ex discenti? Quale arcano timore di perdere il potere conquistato col voto popolare scuote l’attuale dirigenza politica americana, nei confronti delle libere istituzioni di educazione superiore che vantano il diritto di discutere la dottrina del maestro come principio per l’avanzamento della conoscenza e della civiltà?



Se e quando ognuno di noi avrà trovato una ragionevole e convincente risposta in senso positivo e migliorativo a queste poche, essenziali domande, allora e solo allora, in nome dell’ignoranza universale, avrà conquistato il pieno diritto di spalleggiare a casa propria e negli stati Uniti d’America il corso politico che ambisce a questa regressione. Se non altro in nome della libera scelta e del consapevole libero arbitrio.
Con tanti auguri per il raggiungimento delle mete interplanetarie di cui vanno blaterando e persino per il mantenimento del primato tecnologico delle comunicazioni e dei satelliti coi quali credono di poter governare un mondo sempre più inviluppato nei conflitti che contribuiscono con le loro stolte politiche a fomentare. Altroché Pace! Tantomeno nelle prime 48 ore o 48 giorni dall’insediamento alla presidenza della meno probabile autorità culturale e politica del secolo.