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domenica 11 maggio 2025

LE FORMICHE DI BRUNO POMPILI 



Ci sono sempre storie antiche o remote dietro ogni raccontare, ma qui sembrano veramente tanto dimenticate che secondo me l’Autore se le è inventate del tutto. Dico anche che, ai miei occhi, i fatti narrati contano meno della scrittura che li espone; e di questa scrittura ogni lettore si farà una propria esperienza.
 
Ci sono formiche sperdute?
Un freddo occhio lontano coglierà un sistema di movimenti, veri o falsi scopi, attese e più raramente domande con poche risposte. Con più attenzione si vedono figure divergenti che cercano di sfuggire a un ordine stabilito. In particolare, singoli percorsi anomali appartengono a un progetto che non appare definito, è in costruzione o forse non esiste. Questa la situazione di base, territorio fisico dei tre racconti che si trovano sotto lo stesso titolo. Il tempo vi è differenziato e sostiene diversità di esperienze, che sempre appaiono estreme. Per penetrare nel tessuto di questi racconti è bene utilizzare la chiave d’ingresso disponibile fin dall’inizio: «e io adesso non so se sto entrando in un sogno o in un pensiero».
 
Il disegno del sole.
Il protagonista, senza nome, e altri insieme a lui, lavorano su di un percorso non sempre comune, in una attività di copiatura o riproduzione di spazi e di oggetti, di cui non si conosce lo scopo o il senso. Sono stati assunti, con termini accettati volontariamente per quanto imprecisi, per un lavoro ben organizzato, in luoghi sempre diversi, e finalità che sembrano mutare. Sovente si disperdono su compiti o desideri o ordini che stanno nelle cose, non proprio in una mente percepibile. I loro rapporti si sciolgono e si riannodano sul filo di memorie instabili, senza certezza del passato, a cui non torneranno. E con percorsi prossimi i cui termini non sono detti né previsti. Si direbbe una odissea senza presenza di una isola nei sogni.
Lentamente intravedono un orizzonte in cui viene costruito un nuovo spazio con edifici, aeroporti, torri e costruzioni non comuni, come un nuovo mondo a cui ci si avvicina come esseri minuscoli, insignificanti e la cui esistenza muta rapidamente, quando ricordando e quando dimenticando una vita che è ancora in corso. Una mutazione quasi parrebbe in atto negli organi vitali e nella mente; i ricordi poco aiutano perché sono alterati, e la realtà nascente cresce sulle rovine di quella precedente: si intravvedono appena in lontananza i resti di biblioteche, stadi, chiese, edifici, confusi in una polvere dominante. Residui inutili. C’è solo una fatale attesa, che può essere innescata, o non ancora parole per dirla.
 


Gli architetti della memoria, dopo la città.
Situazioni della vita già nota al passato, sovente oggetto narrato della storia, qui comunemente vissuta da personaggi singoli, o in coppia, con situazioni complicate e deteriorate, danno vita a dialoghi ed eventi costantemente monitorati da un lucido sistema. C’è un ordine onnisciente che controlla i protagonisti, ne valuta la situazione, ne programma il futuro o ne decide la cancellazione. Il racconto si svolge per frammenti registrati di vita reale seguiti da relative schede di valutazione. Il potere dominante osserva e regola la presenza delle persone secondo una valutazione psico-medica utilizzando parametri di fredda gestione della loro memoria dopo la scomparsa dei parametri riconoscibili nelle città del passato.
Un solo personaggio, Chronos, si differenzia, sembra non ricadere dentro i parametri correnti di valutazione, avendo una storia personale sfuggente, anomala, in apparenza individuale quanto labile. Si direbbe una anomala formica, o una possibile quanto stanca figura prometeica. Queste sue caratteristiche rendono incapace il sistema di rilevare i dati di fondo di un dissidente. È allora lo stesso “controllante schedatore”, a perdere lentamente la propria logica e finisce per disperdersi in un primitivo linguaggio amorfo, asintattico, dislessico. Tutto dovrebbe essere riconfigurato. E non c’è indizio di diversa libertà o soprattutto di nuovi ruoli. Cito due epigrafi, inquietanti: «A questo punto dovrei chiedermi chi sono io. Forse sono da inventare i ricordi». «Il vento sfoglia il libro perduto. È bene che resti bianco».

 
Trittico corinzio.
L’antica città di Corinto è il luogo straordinario in cui si frammenta una storia di esaltazione e di scomparsa di alcuni personaggi storici (o prossimi alla storia) per un verso, o coinvolti in una evoluzione avventurosa non documentabile. L’intensità delle loro esperienze sfugge alla loro stessa volontà di definirsi. A volte sembrano aver perso consistenza e a volte ripiombano nella realtà comune, o sforano le barriere del sogno, verso la storia. I documenti storici e ambientali faticano a contenere tutte le possibilità degli eventi e delle persone, che hanno una pur temporanea datazione: le passioni sembrano essere distruttive di ogni vero documento. Il comandante della rocca di Corinto in decadenza cerca di convincere il proprio straordinario cavallo a saltare insieme a lui nel vuoto. La meravigliosa e mitica Ionia, per forza e per intensità di inimitata bellezza, tradisce, trama, governa post-barbariche schiere di armati in confuso contrasto fra di loro. Limberakis Gerakanis bey, protagonista della sesta guerra turco-veneta, traditore di molte bandiere, morto nelle prigioni di Brescia nel 1710, subisce il fascino di Corinto tanto da vantarsi falsamente di averla conquistata; non ha il coraggio di possedere Ionia; si accanisce (documenti dubbi) su Millia di Chios, sua ipotetica controfigura, in seguito sposa di un nobile veneziano (1701) e già infermiera del doge Morosini, morente a Nauplia (1694). In almeno due occasioni vengono osservate da parte dei personaggi teorie di formiche su percorsi contrastanti e fra di loro opposti, come una andata e un ritorno, di cui non si vede la partenza né l’arrivo. Alcune altre, poche, divergono dall’itinerario comunemente calpestato. Non si sa mai se quelle formiche fuori sentiero siano sperdute o piuttosto delle esploratrici, in avanscoperta, o frammenti di un progetto errato. O dimenticato.


 

 
 
Bruno Briganti
Ci sono formiche sperdute?
Di Felice Edizioni, 2025