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venerdì 2 maggio 2025

PREMIERATO FA RIMA CON... POPOLO GABBATO
di Vittorio Melandri


 
Sono passati ormai quasi cinque anni (settembre 2020), dall’uscita di due densi “volumetti”: La matematica è politica” di Chiara Valerio (Einaudi), e Helgoland di Carlo Rovelli (Adelphi).
 
Il nome del secondo è quello di un luogo, come si legge nella quarta di copertina, una “spoglia isola nel Mare del Nord, luogo adatto alle idee estreme”. Entrambi i libri affrontano in modo esemplarmente divulgativo, complessi problemi scientifici, li cito perché entrambi sin dalle prime pagine propongono lo stesso concetto. Nel primo si legge: “(…) più delle cose o delle persone sono importanti le relazioni tra una cosa e l’altra, una persona e un’altra, e tra cose e persone”. Nel secondo, che si propone di farci capire almeno un poco, niente meno che la meccanica quantistica, si legge: (“…) se la stranezza della teoria ci confonde, ci apre anche prospettive nuove per capire la realtà. (…) Una realtà fatta di relazioni, prima che di oggetti”. La meccanica (la fisica) quantistica, tanto complessa, e astrusa, anche se non ancora capita fino in fondo da chi la studia, e per noi persone normali tanto controfattuale e respingente, però funziona: e anche se a nostra insaputa, la usiamo ogni giorno di più. Infatti internet, le comunicazioni, la sensoristica, la medicina che ci salva la vita, e, di sempre maggiore attualità, l’intelligenza artificiale, sono solo alcuni dei settori dove la fisica quantistica è già mutata da teoria in tecnica, in varie forme ospitata nelle nostre tasche. Non salto di palo in frasca se riprendo che Helgoland è un’isola adatta alle idee estreme, perché l’Italia è una penisola dove da sempre, almeno in politica, circola l’idea più estrema di tutte, ovvero che le “relazioni” che contano siano solo quelle di famiglia. Dalla famiglia cosiddetta naturale, alla famiglia etnica, dalla famiglia politica alla famiglia religiosa, per finire alla famiglia mafiosa che “mirabilmente” le comprende tutte. Delle relazioni tra persone e idee e cose, in Italia sembra non fregare niente a nessuno, ciascuno crede di poter muovere a suo piacimento un solo tassello, il proprio, senza che la “relazione” di quello, con il resto del mondo circostante, modifichi niente che lo possa interessare. Non lo dice il Re della poesia, di fatto lo pensano tutti, “io son io e voi non siete un c…”. Clamoroso in proposito il modo in cui si tratta la Costituzione, la cornice che racchiude il quadro che si chiama Repubblica Italiana, e che sotto la protezione della quale, si è sin qui sviluppato il nostro vivere insieme. I Costituenti l’hanno costruita con la massima cura per le “relazioni” che legano fra loro le sue parti. Noi cittadini che l’abbiamo ereditata e che abbiamo avuto il fortunato privilegio di usarla, e avremmo dovuto collaborare al meglio, al compito di attuarla, prima siamo stati indifferenti al lasciarla in gran parte incompiuta (lo diceva già Calamandrei che aveva presto capito l’andazzo), poi si è cominciato a sproloquiare sulla necessità di mutarne delle parti, senza appunto tener conto delle “relazioni” che le legano. Abbiamo chiamato “riforme” dei veri e propri “sbreghi”, alcuni dei quali ricuciti prima che facessero danni, altri, penso allo “sbrego” che la sinistra, la “mia” famiglia politica (anche con il mio stupido voto) ha prodotto al Titolo V, hanno invece arrecato danni che ci ostiniamo a non vedere. E siamo ancora una volta, come nel gioco dell’oca, alla casella di partenza. L’introduzione del cosiddetto “premierato” (fa rima con popolo gabbato), slegato da ogni “relazione” con la complessa architettura istituzionale, viene indicato come risoluzione dei problemi di governabilità, che stando ad una vulgata alimentata da destra centro e sinistra, ci affliggerebbero, ed è di fatto sbandierato come un drappo rosso, dinnanzi al popolo-toro, ferito e infuriato. Visti i numeri in Parlamento, che una demenziale legge elettorale ha sigillato, se la Corte Costituzionale non boccerà l’obbrobrio annunciato, un referendum in difesa della Costituzione, com’è, resta ancora una volta il solo strumento che come cittadini abbiamo, per sperare in un’Italia migliore domani, di quanto non sia oggi.