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venerdì 2 maggio 2025

CIVIL SERVANT
di Luigi Mazzella - ex giudice Corte Costituzionale e scrittore


 
Neutralità e imparzialità, nel linguaggio della diplomazia.
 
Quando la logica e la conoscenza del diritto sono applicate con il necessario e doveroso rigore non appaiono  possibili scappatoie; e i tentativi di eluderle si dimostrano semplicemente espedienti penosi.
Ciò, ovviamente, non accade più in Occidente dove gli irrazionalismi, che costituiscono il substrato della sua “cultura”, condannano il raziocinio alla latitanza. Per realizzare gli obiettivi di irrazionalità più aberranti e ignominiosi è in atto una vera e propria Lotta contro il Diritto, come dice il titolo di un libro di Teodoro Klitsche de la Grange. A condurla, sarebbe, a mio giudizio, quell’esercito di civil servant che il Re Sole e il suo Ministro Colbert misero secoli fa a disposizione di una classe politica che oggi è diventata, come mai prima, scadente, ignorante e prepotente e al tempo stesso servile nei confronti di chi detiene il potere. Personalmente ho già citato, in una nota precedente, un esempio di “lotta” gaglioffa di tale tipo, ricordando il caso del diritto di cronaca e dell’interpretazione data dagli impiegati pubblici, che svolgono la funzione di giudici,    dell’articolo 21 della Costituzione (quei magistrati hanno ignorato la distinzione del vocabolario italiano tra “pensiero” e “opinione” per aizzare e fomentare la rissa politica e annullare, in pratica, ogni tutela dell’onore e della reputazione dei cittadini). Oggi, ritorno sull’argomento per raccontare il caso dell’interpretazione data da altri impi
egati statali, i Diplomatici europei (soprattutto: francesi) dell’articolo 5 del Trattato sulla NATO, per favorire, questa volta, addirittura la guerra tra le Nazioni.  



In base alle norme del Trattato Atlantico, così come interpretate dai diplomatici predetti, i Paesi aderenti alla NATO non dovrebbero considerarsi in guerra contro la Russia di Putin, pur avendo mandato e continuando ad inviare a Zelensky droni non solo ricognitivi ma altamente distruttivi, navi da guerra, armi sofisticate, carri armati e altri mezzi corazzati, cannoni, mitraglie e fucili, aerei da combattimento,  munizioni, provviste militari e altro materiale bellico (direttamente o indirettamente), consiglieri militari, o concedendo sostegni finanziari,  supporti in materia di telecomunicazioni e via dicendo. Interpretando correttamente la norma, si dovrebbe ritenere che i Paesi dell’Unione Europea hanno deciso, di porsi, per loro libera scelta, come cobelligeranti a fianco dell’Ucraina. E invece no! Utilizzando i “distinguo” della diplomazia, abile nei cosiddetti “salti della quaglia”, essi sostengono che non si sono resi responsabili di alcuna violazione dell’obbligo di neutralità, compiuta, a giudizio di chi non ha il prosciutto sugli occhi, nel più palese ed eclatante dispregio dell’articolo 5 del Trattato NATO. La risibile tesi è che essi hanno compiuto una  semplice violazione dell’obbligo di imparzialità che non comporterebbe sul piano della belligeranza gli stessi effetti. Con mezzucci legulei da “pagliette di pretura”, per evitare ai loro Paesi le ritorsioni tipiche di un conflitto armato, le feluche Occidentali avrebbero lanciato il fatidico grido di “eureka”: non è stata violata la neutralità (peccato, usando il linguaggio della Chiesa, per così dire “mortale”) ma si è infranta l’imparzialità (peccato semplicemente “veniale”). Ora in che cosa si distingua la neutralità dall’imparzialità è difficile dire, se non si ha sulla testa un cappello piumato. I due termini, dai vocabolari della lingua italiana,  sono considerati perfetti sinonimi e basta avere anche solo un minimo di buon senso per capire che chi arma la mano di uno dei due contendenti ne prende le parti e non è certamente “imparziale”. Il rifiuto delle definizioni dei dizionari delle lingue europee e la cultura scolastica dei vincitori di un concorso di primo grado per neolaureati (spesso: male) in giurisprudenza fanno il “miracolo” di trasformare la “guerra” in “pace”.
Ciò consente, nel caso che stiamo esaminando, a Paesi bellicosi di continuare a violare il diritto internazionale che impone agli altri Paesi, in caso di guerra tra due o più Stati di non prendere posizione in favore di nessuna delle parti coinvolte nella controversia e di restare, quindi, “imparziali”, id est “neutrali”. La sconfessione di un tale principio di identità terminologica ha un ulteriore effetto magico: consente di perpetuare una guerra anche quando i maggiori contendenti decidono di volerla finire.