Annotazioni sulla poesia di Alida
Airaghi La parola si
tesse come tela nel tentativo di spiegare il mistero inenarrabile
dell’esistenza; in fondo è lo scopo di tutte le nostre storie. E in questi
versi il senso si dipana luminoso, indissociabile dalla matrice autobiografica
del dolore. «Non
può finire tutto, così, / per niente. Nel vuoto. //… Lo urlerò nell’abisso, /
nel non tempo: / dove non sarò». Tre
libri, la silloge edita da
Il Convivio Editore a gennaio 2025, rappresenta il compendio dell’opera poetica
di Alida Airaghi: vi troviamo radunati tre volumi, da Litania periferica
(2000) a Diverso lontano (2003) sino a Frontiere del tempo
(2006). La raccolta si apre con Euridice, poemetto che è canto di rivalsa
dell’uomo contro l’ineluttabilità della morte. Perché Orfeo si volta? La
domanda assilla sin dall’antichità: «Orpheu, quis tantus furor?» domandava
Virgilio, gli faceva eco Ovidio tentando un’ardita spiegazione: per amore.
Airaghi,
nella propria riscrittura poetica, propone una risposta diversa: «Tu,
trasparente pensiero di vetro: voglio appannarti. Ecco, mi volto». Il gesto di
Orfeo non è dettato dal rimpianto, ma dalla consapevolezza: Euridice è morta – e
non si può tenere in vita un’ombra. Il poeta vuole sfidare il confine supremo,
ma si scontra con il limite della propria condizione umana. È
una poesia intessuta di mitologia, che rispecchia la formazione classica
dell’autrice. Da Orfeo ed Euridice a Filemone e Bauci, il mito è la chiave di
lettura che accompagna e disvela il segreto ultimo del tempo, ovvero la
metamorfosi. Alida Airaghi utilizza la parola nella sua essenza pura, assoluta,
per scrutare nell’abisso a occhi aperti e lo fa servendosi di una scrittura che
ha il soffio salvifico di un testo sapienziale e la capacità creativa del mito.
Tra «il tutto e il niente di un’assoluta
pace» c’è la parola, ciò che esprime l’origine e la vertigine della meta:
«Esserci, nel tempo, è farlo nostro, il tempo/ imprimerci nel tempo/lasciare
un’orma».