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martedì 17 giugno 2025

CAMPI ELISI
di Vincenzo Talerico


Gino Meringolo
 
In ricordo di Gino, il reichiano.
 
Il 13 giugno scorso è morto Carmine Meringolo. Noi che frequentavamo i movimenti libertari e anarchici dalla fine degli anni ’60, a Cosenza e ad Acri, lo abbiamo conosciuto come Gino; e io lo ritrovai al Circolo Cafiero di Via Paglietta a Bologna, dove affrontava con interesse gli aspetti “organizzativi” del movimento, il dibattito su questi aspetti, che erano e sono gli argomenti sostanziali dello stesso anarchismo, avendo a che fare con l’autogestione delle lotte che creano la nuova comunità. Lì a Bologna frequentava la facoltà di chimica industriale e la sua formazione scientifica era evidente nel come affrontava anche qualunque discorso sociale o politico. Rimasi impressionato dalle raccolte di “schede perforate” che si portava in borsa assieme a libri di anarchici e a quelli di Wilhelm Reich. Le prime gli servivano per preparare la sua tesi di laurea sperimentale, facendo uso del calcolatore elettronico (uno dei primi e pochi in Italia) che la sua facoltà con parsimonia faceva usare anche ai laureandi; i libri erano il pane per l’arricchimento della mente, e Gino ne aveva e ne leggeva tanti. Di Reich, all’epoca, gli piacevano le sue analisi sulla “funzione dell’orgasmo” e le sue tesi su come la liberazione sessuale potesse incidere sulla rivoluzione sociale in senso libertario. Erano, innanzitutto, gli studi sulla psicologia di massa che gli interessavano, quelle analisi che materializzano nelle dinamiche familiari (patriarcali) e sociali (stesse strutture autoritarie e militariste in ogni organizzazione) l’ideologia del fascismo; di quella peste bruna che aveva preso piede nell’Europa degli anni 20-30, quando Reich la analizzava sul nascere e che in qualche modo è rimasta tale nonostante le importanti lotte antifasciste.


Wilhelm Reich

Gino si laurea prima della metà degli anni ’70 e lascia Bologna per tornare in Calabria a fare il professore di chimica. Ma i suoi interessi principali rimangono quelli sociali e culturali. Frequenta il gruppo anarchico di Cosenza, nel quale propone le analisi reichiane. Anzi, in questo periodo Gino approfondisce anche l’aspetto più terapeutico dello psicanalista “eretico”. E propone a molti del gruppo anarchico di seguire delle vere e proprie sedute di vegetoterapia, una tecnica psicoterapeutica con la quale si cerca di agire sui blocchi energetici che la “corazza caratteriale” crea nel sistema nervoso vegetativo o viscerale.
Gino frequenta, nel contempo, altri gruppi reichiani napoletani (a Napoli si stampava la rivista Quaderni reichiani, dove si svilupparono anche argomenti di carattere pedagogico, legati all’esperienza dell’Asilo Libertario creato proprio dal Centro Reich) dove conobbe Federico Navarro (neuropsichiatra reichiano) e si iscrive ad una scuola di psicoterapia. Egli stesso “entra in terapia” prima e dopo questa nuova laurea. Quando va in pensione da professore, inizia a fare lo psicoterapeuta. In quel periodo Gino ha rappresentato uno dei pochi in Italia che faceva conoscere le teorie reichiane anche praticandole. Man mano inizia, però, una nuova fase di studi e di interessi che progressivamente lo allontanano dall’originaria posizione reichiana e anche da quella anarchica. All’energia “orgonica” (così coniata da Reich, fondendo i termini di orgasmo e organismo, per rappresentare l’energia vitale) inizia a sostituire l’idea di spirito, prima come sinonimo di vita, poi come anima. Così che l’energia propria di ogni organismo diventa spirito eterno.
A Reich sostituisce Rudolf Steiner e la sua teosofia. Il suo avvicinamento ai testi biblici avviene tramite l’interpretazione junghiana degli archetipi, ma all’analisi del carattere reichiana sostituisce questi archetipi atemporali (i santi e/o le figure della religione).
Così, per me, alla lontananza geografica dei luoghi delle nostre vite si accompagna la lontananza intellettuale. Ciononostante, quando tornavo in Calabria, andavo sempre a fargli visita; d’estate si ritirava nella casa paterna del Vagno, una piccola frazione di Acri sulle pendici di Serra di Vuda. Lì lo incontravo e, mangiando dei frutti o dell’insalata appena raccolti, immancabilmente discutevamo e, in modo sereno, senza mai alterarsi (era la sua cifra stilistica), controbatteva alle mie critiche. Il mio anticlericalismo diventava un’arma spuntata per contrastare i suoi ragionamenti, perché lui mi fermava subito dicendo che non faceva parte di alcuna chiesa e/o partito; le argomentazioni atee contro lo spiritualismo venivano ribaltate dal suo discorso “materialista” secondo cui “l’energia” è parte costitutiva della “materia”. Quando però le argomentazioni iniziavano ad approfondire la “trascendenza” delle sue ipotesi, iniziava a non rispondere più in modo diretto, come se volesse rinviare la discussione e io acconsentivo, nella speranza di riprendere il ragionamento alla prossima visita. Purtroppo sono passati quattro anni senza poter riprendere le discussioni e rimpiango di non averlo potuto fare.