Ho letto l’articolo “Le guerre: più
facile prevenirle che fermarle”. Nell’elenco manca secondo me il punto più
importante che è: diffondere il nuovo paradigma della politica ovvero cambiare
al cultura politica dominante e le sue forme organizzative. Le attuali
forme organizzative della politica ci stanno portando verso due baratri: quello
della guerra o quello del cambiamento climatico. La cosa più importante è
capire che il nocciolo dell’origine delle guerre sta nella cultura politica
dominante in occidente. Occorre tempo e voglia per capire questo punto, ma
quando lo si afferra nel profondo si ha una visione completamente nuova che
spiega molti dei tragici fenomeni a cui assistiamo. Se non ci si mette con
il cuore e il cervello disponibili a capire questi studi e si resta nel brodo
culturale tradizionale le guerre ci saranno sempre. Vi ho invitato più volte a
prestare orecchio alle scoperte in campo filosofico-politico di Giuseppe
Polistena e lo faccio ancora con una proposta alla fine di questa
mail. L’Occidente con la sua cultura ha portato ad una situazione
disfunzionale della politica che non fa arrivare in maniera “stringente”
nei luoghi dove si decide il desiderio di serenità e di pace delle popolazioni
e inoltre crea una dispersione di energie umane pazzesca: basti pensare a
quanto poco la politica ascolta le pressioni delle associazioni che restano
frustrate e demotivate. Basta anche osservare come la politicità istituzionale
ha completamente fagocitato lo spazio che dovrebbe essere tutelato dallo stato
e destinato a raccogliere la volontà e la visione della cittadinanza. Mi
riferisco alla politicità sociale. Mentre la politicità istituzionale è
perfettamente normata dai costituenti, la seconda, la politicità sociale, è relegata
allo striminzito articolo 49 sui partiti. Per permettere alla cittadinanza di
partecipare alla vita, alle scelte (es. finanziare il riarmo o no, sostenere la
sanità pubblica o no) sarebbe stato necessario che la costituzione avesse
previsto: 1) un articolo per stabilire la
necessità di almeno un canale informativo indipendente costituito da
giornalisti scelti per sorteggio tra candidati aventi i requisiti necessari e
con mandato a tempo per evitare incrostamenti di potere. 2) un articolo per istituire
l’insegnamento della politica nel suo senso più profondo (non l’educazione
civica!) in ogni scuola di ogni ordine e grado. Cioè la politica come strumento
per decidere senza ricorrere alla violenza il futuro di una comunità e delle
comunità nel loro insieme (es. ONU rivista!). La politica come ascolto delle
istanze della cittadinanza. 3) una legge costituzionalizzata
sui partiti per stabilire (almeno) che chi fa le leggi per tutti in parlamento
non può avere potere nel partito e chi sta a coordinare il partito non può
candidarsi in parlamento. Inoltre i mandati non devono essere più di due!
Questo perché quando la società accetta la politica come mestiere della vita,
il politico è portato a pensare al mantenimento della sua fonte di reddito a
scapito degli interessi della cittadinanza.
Alla base di questo ragionamento
stanno gli studi di Giuseppe Polistena. Organizziamo insieme un incontro
on line per prenderne atto? Lo sto chiedendo anche (l’ho fatto anche ieri
sera durante la riunione nazionale) al gruppo NO REARM Europe. Di sicuro
queste nuove idee sono indigeste per coloro che fanno i politici di
professione. Ma alla fine se non cambiamo crepiamo tutti indistintamente O
per effetto serra, o è per bombe sulla testa. Credo che cambiare le forme della
politica sia una scelta inevitabile se vogliamo sopravvivere. Credere che
la politica attuale possa risolvere i problemi e le crisi e come credere che
gli asini volano. Vedete voi. Se potete postate per favore questo testo ai
gruppi ai quali non sono iscritto (disarmo pace e giustizia; no energie di
guerra, Icanitalia o ditemi come iscrivermi. Lo farei volentieri. Un abbraccio Roberto Brambilla r.brambilla@mclink.it