Appunti incompiuti di viaggio
di Giovanni Borroni Giovanni
ci ha lasciato nel marzo del 2025 dopo fulminea malattia. Quando lessi per la
prima volta queste poesie mi parvero il lascito disincantato di un uomo ironico
incamminato verso la vecchiaia. Alla luce di quanto accaduto a marzo questo
libro postumo ha preso le sembianze di un testamento e, ai miei occhi, ogni
verso pare un consapevole e sereno addio. Ma noi sappiamo che non era questa la
sua intenzione; Giovanni non poteva immaginare quello che sarebbe successo,
sono le parole ora ad avere acquisito un senso differente. Forse è questo il
mistero della vera poesia, delle parole destinate a sopravviverci. [Giuseppe
Airaghi] “Se
la vita non ci sa stupire, forse non la stiamo davvero vivendo. Non serve
inseguire imprese o eroismi per farlo, se non ce ne siamo costretti, per fare
di essa un’avventura e ogni attimo l’occasione per coglierne la complessità e,
tuttavia, la sua naturalezza. È proprio quest’ultima caratteristica, che si può
cogliere solo quando non se ne faccia un feticcio metafisico, che la rende così
significativa. I nostri miti, i nostri sogni, la vita possono colorarla e
farcela godere anche senza snaturarla e farne un idolo da custodire o venerare,
servire o temere, ma mai davvero e semplicemente partecipare. Noi ne siamo
manifestazione transitoria e locale, siamo parte di lei e del suo divenire
universale, come lei stessa, e non viceversa: lei come virtù donataci come
fossimo entità al di fuori del tutto e fatti di una sostanza estranea ad esso,
che senza di lei non esisteremmo né mai esistemmo… Gli appunti di viaggio che
seguono sono allora solo il diario intimo di un gioco ogni volta reinventato e
profondamente sperimentato”. Giovanni Borroni Penultime volontà Figlio, ciò che ti lascio è quello che
non so e l’ansia di sapere quello che c’è più
in là; la mia certezza è il dubbio, la soglia
del futuro tu chiamala ignoranza, io curiosità. Figlio, ti lascio quello che io non ho
saputo fare o disfare, un po’ anche per viltà ma senza rinnegare ciò che sentivo vero solo per non sentirmi in colpa o
vanità. Figlio, ti lascio quello che so d’aver
sbagliato, ma sappi che l’ho fatto senza
disonestà; ti restano i miei limiti, ora, da
superare: non te ne vergognare ed abbine pietà. Figlio, ti avessi avuto, questa sarebbe
stata, senza pudori o debiti, la mia eredità ma dato che non sei stato, altro che
un’idea darò questo mio lascito a chiunque lo
vorrà. Io e la vita La vita è una puttana dispettosa che mi graffia di continuo il volto e mi sporca i capelli e mi lascia le sue ciprie, le sue polveri di gesso. Sospetto che lentamente mi avveleni, mi fa sgambetti e quindi mi schernisce, promette mille volte e poi mi inganna, mi alletta, si fa inseguire e scappa via. Però confesso, ho le mie colpe anch’io l’ho sempre usata e spesso maltrattata; l’ho mal pagata e a lungo l’ho venduta ed ho sfruttato di lei quel che ho
potuto. Quindi credo che il bilancio chiuda in
pari e dunque continuiamo a frequentarci senza rimpiangere di trovarci ogni
mattina a chiederci oggi a che gioco
giocheremo.
Giovanni
Borroni Appunti
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Edizioni 2025 Pagine
99 - € 12.00