Questo
scritto del nostro collaboratore, l’ex magistrato Guido Salvini, fa luce su una
questione di cui pochi di noi sono a conoscenza e che muove una massa di denaro
non di poco conto. Sarebbe utile che qualche forza politica sollevasse il
problema in Parlamento e che la grande stampa se ne occupasse. Tra l’altro
l’opacità della situazione non permette di sapere come vengono usati le quote
dell’8 x 1000 da parte di molte strutture e associazioni. Neanche io sono
ostile alla Chiesa cattolica, ma troppi scandali mi hanno spinto a devolvere le
quote del mio 8 x 1000 alla Comunità Valdese. Lo faccio sin dai tempi della
pubblicazione del mio dramma La Porta del Sangue, che tratta del
massacro delle comunità Valdesi della Calabria Cosentina (Guardia Piemontese,
Montalto Uffugo, San Sisto…) avvenuta nel 1561 aizzata dai Gesuiti. [A. G.]
Quello
strano patto tra Stato e Chiesa.
Sono laico
ma non ho nessuna ostilità nei confronti della Chiesa cattolica. Riconosco, al
di là degli insegnamenti propriamente religiosi e delle posizioni teologiche,
un suo grande ruolo in una società, come quella di oggi, confusa e frammentata,
la capacità di offrire insegnamenti morali che certamente non toccano solo i
fedeli, l’impegno profuso per i più deboli, i malati, gli stranieri. Pensiamo
agli oratori che, accessibili a tutti, sono uno dei pochi centri di
aggregazione rimasti, altrimenti rimarrebbero solo forse i centri commerciali e
i luoghi della movida. Ricordiamo anche i luoghi di assistenza cattolici
diffusi su tutto il territorio destinati agli anziani e ai disabili. Intanto, l’argomento
ha a che fare con la Chiesa, è tempo di dichiarazione dei redditi e ogni
cittadino troverà come sempre nello stampato il riquadro dedicato alla scelta
dell’8 × 1000 dell’intero gettito fiscale. Le alternative sono una crocetta per
lo Stato, oppure per la Chiesa cattolica o anche, da alcuni anni, per le comunità
religiose, gli ebrei, gli ortodossi, gli evangelici, i buddisti, che hanno
siglato Intese con lo Stato che regolano l’attività dei loro ministri di culto,
la celebrazione dei matrimoni, le sepolture e tutte le loro attività sempre nel
pieno rispetto della libertà religiosa riconosciuta dalla Costituzione. Per
inciso non ci sono i musulmani perché la frammentazione delle autorità
religiose islamiche e la difficoltà a siglare con esse una Intesa che rispetti
il principio della laicità delle istituzioni non lo ha ancora reso possibile. L’ultima
alternativa è ovviamente lasciare il riquadro in bianco, l’indicazione infatti è
facoltativa, e così, anche per scarsa informazione, fa la maggioranza dei
contribuenti. In concreto lo scorso anno circa il 10% ha indicato lo Stato,
oltre il 27% la Chiesa cattolica, in passato il divario era anche maggiore,
mentre poco più del 3% è andato a uno degli altri culti. Comunque la
maggioranza dei contribuenti, e cioè oltre il 60%, non ha indicato nessun
destinatario. A chi va la frazione di imposte, quel 60%, di chi non ha espresso
alcuna scelta? Molto probabilmente l’enorme maggioranza di coloro che non hanno
apposto alcuna crocetta e hanno lasciato che le cose vadano come devono andare
pensa che quella frazione vada comunque allo Stato che del resto è il
destinatario della dichiarazione dei redditi e in un sistema moderno è il
naturale percettore delle imposte. Ma non è così e qui, è inevitabile dirlo,
sta l’inganno.
Infatti la quota di imposte corrispondente alle scelte non
espresse viene ripartita in uno strano modo che ha una logica sua propria. La
quota corrispondente alle scelte non espresse, e cioè il 60%, viene assegnata infatti
in modo proporzionale rispetto alla percentuale delle scelte espresse in quell’anno.
Questo significa che la Chiesa cattolica, a cui favore le scelte espresse sono
quasi il triplo rispetto a quelle dello Stato, incamera circa tre quarti di
quel 60%. Quindi con il 27% delle scelte in suo favore la Chiesa cattolica
introita alla fine buona parte del gettito globale, esattamente il 67% nel
2024. Questo enorme vantaggio è reso possibile da fattori culturali, di
informazione e a vere e proprie scelte politiche. La Chiesa infatti informa
molto i suoi fedeli della necessità di siglare la sua casella e questi lo fanno
in modo compatto. Lo Stato invece, per una sorta di tacita intesa a non fare
concorrenza al Vaticano, non ha mai spiegato come il sistema funzioni e non ha
quasi mai sollecitato la firma in suo favore. Pochi così scelgono lo Stato e soprattutto
la mancanza di informazione pubblica favorisce quella grande maggioranza di
astensioni dalla scelta che avvantaggia la Chiesa. Così ogni anno in forma
mascherata vengono dirottati dallo Stato alla Chiesa centinaia di milioni di
euro, 700-800 milioni, dei contribuenti che non sanno nemmeno di partecipare ad
una sorta di finanziamento occulto. La legge n. 222 del 20 marzo 1985 che
stabilisce questa singolare ripartizione è stata approvata dal governo Craxi, nel
quadro dell’aggiornamento dei Patti Lateranensi, probabilmente per ingraziarsi
una parte del mondo cattolico. Per ora di una modifica del meccanismo dell’8 ×
1000 non si parla. Nei giorni scorsi al contrario la CEI cioè i vescovi
italiani, hanno innescato una polemica inutile. Ha protestato perché nella dichiarazione
dei redditi del 2025 per la prima volta il modulo specifica come destinatario
delle somme che saranno devolute allo Stato le comunità per il recupero dei
tossicodipendenti. Come se lo Stato volesse togliere “voti” alla Chiesa informando,
come suo diritto, i cittadini di tale destinazione. Tra l’altro molte di queste
comunità sono gestite proprio da rappresentanti della Chiesa. Ma questa
situazione, una legge che alcuni giuristi hanno definito una “mostruosità
giuridica”, non è accettabile in uno Stato che vuole dirsi laico. Le
contribuzioni alla Chiesa devono essere volontarie e non nascondersi in una
norma che nessuno conosce o è in grado di capire. La Chiesa può rinunciare a
questo privilegio. Con il suo impegno, dedizione ed esperienza nel campo
dell’assistenza, non ha bisogno di leggi di favore.