TUTTI I DUBBI DEL
DECRETO SICUREZZA di Guido Salvini
Il Decreto
legge cd Sicurezza, convertito in legge il 4 giugno, non è nato affatto bene
perché è frutto di una approvazione accelerata e contratta volta a “saltare” le
critiche in merito al suo contenuto essenzialmente repressivo con
l’introduzione di nuovi reati e l’aumento di molte pene visti come unica
soluzione. Quell’insieme di norme, infatti, invece di rimanere nell’alveo di un
disegno di legge che permette una ampia discussione in Parlamento, che era già
iniziata, sono state trasformate in un Decreto-legge adottato dal Governo che
per sua natura è immediatamente operativo ed è passibile solo di qualche
ritocco al momento della sua conversione in aula. C’è stato quindi uno
svilimento del ruolo del Parlamento. Il Massimario della Cassazione, forse
proprio per questa ragione e cioè il modo affrettato con cui sono state redatte
le numerose nuove norme, ha preparato una relazione in cui, oltre a sottolineare
come mancassero requisiti della necessità ed urgenza per procedere con un
Decreto-legge, sono esposte le criticità e contraddittorietà di molti articoli
e il loro possibile passaggio al vaglio della Corte costituzionale. Per non peccare di atteggiamento
critico a tutti i costi vi sono nel Decreto da segnalare che alcune innovazioni
certamente condivisibili. Ad esempio in tema di occupazione abusiva di alloggi,
al di là dell’eccessivo aumento delle pene per questo reato, è giustamente
prevista la reintegrazione immediata del possesso dell’immobile per chi ne sia
stato spogliato, soprattutto quando era l’unica abitazione effettiva, con una
procedura rapida che prevede l’intervento del Pubblico Ministero e del giudice.
Sono anche certamente condivisibili gli interventi previsti a sostegno delle
vittime di usura, in particolare nella procedura per concedere mutui agevolati
in favore di chi sia stato rovinato da tale reato. E così gli interventi penali
volti a fronteggiare, anche con la possibilità dell’arresto in flagranza, il
fenomeno delle truffe in danno degli anziani. Altre modifiche invece appaiono
inutilmente repressive. Ad esempio per l’impedimento alla circolazione su
strada ordinaria o ferrata, e cioè il cosiddetto blocco stradale, non è più
prevista una semplice sanzione amministrativa ma una sanzione penale sino a 2
anni di reclusione anche se il reato rimane del tutto indefinita per cui può
scattare anche a seguito dell’occupazione di una strada per brevi momenti,
soprattutto in occasione di manifestazioni sindacali o comunque di protesta e
con il rischio quindi di entrare in contrasto con la libertà di manifestazione.
È introdotta poi la punibilità, con pene severe, anche della semplice
resistenza passiva senza violenza in occasione di proteste in carcere, con il
rischio di sanzionare anche il semplice rifiuto del cibo o di partecipare
all’ora d’aria. Nel contempo non è affrontato in alcun modo il problema della
vivibilità nel sistema carcerario. Negli ultimi 6 anni sono 23.500 i detenuti
che lo Stato ha dovuto indennizzare per le condizioni inumane della vita in
carcere in violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo.
Nel Decreto vi è anche un
restringimento del trattamento in favore delle madri che dovrebbero essere
detenute in carcere in esecuzione di una pena. Ora diventa solo facoltativo e
non più obbligatorio non applicare ladetenzione carceraria per le madri che
hanno un figlio di età inferiore a un anno, anche se la pena dovrà essere
scontata in un ICAM, cioè in un Istituto di custodia in forma attenuata per le
madri con figli minori, certamente più vivibile. Per le madri con figli
inferiore ai tre anni la detenzione in un ICAM, invece di un carcere normale,
diventa però solo facoltativa. Sul piano umanitario e dell’attenzione verso i
diritti dei minori queste restrizioni danno luogo a molti dubbi soprattutto perché
non si accompagnano ad un impegno ad allestire nuovi ICAM, indispensabili
quando vi siano bambini in tenera età. Attualmente ce ne sono solo quattro in
tutta Italia. Anche il divieto di vendita della
cd Cannabis light, e cioè le infiorescenze della pianta, appare eccessivo in
mancanza di evidenze scientifiche in merito ad una loro pericolosità data la
bassissima percentuale di THC, cioè la sostanza a effetto psicotropo, che
contengono. Del resto in molti altri Paesi europei il divieto non esiste e quei
prodotti sono in libera vendita. Un discorso a parte meritano le
modifiche in tema di “garanzie funzionali” degli appartenenti ai Servizi di
sicurezza cioè, in estrema sintesi, i reati di cui essi possono essere
formalmente responsabili nell’ambito della loro attività di raccolta di
informazioni e di infiltrazione ma per i quali non sono punibili appunto perché
avvenuti nel corso di operazioni autorizzate dalla Presidenza del Consiglio o
dagli organismi di cui gli agenti fanno parte. È una possibilità già prevista
dalla legge sulla riforma dei Servizi di sicurezza del 2007 ma il Decreto ha
ampliato l’elenco dei reati per i quali l’infiltrazione è possibile aggiungendo
l’organizzazione di associazioni eversive interne o internazionali e la
detenzione di esplosivi o di manuali per il loro uso o altro materiale eversivo
anche informatico, pensato quest’ultimo soprattutto per il terrorismo
internazionale. Si è detto che in questo modo vi sarebbe la “legalizzazione del
terrorismo di Stato”.
Non è esattamente così. La norma,
l’art. 31 del Decreto, è scritta in modo pessimo ma comunque non autorizza
alcun agente dei Servizi a “creare” alcuna organizzazione terroristica ma
semplicemente a infiltrarsi, anche sino ai vertici, di una organizzazione che
già esiste. Finti organizzatori dunque e si è quindi sempre nel campo della
simulazione come tale non punibile. Anche la detenzione di esplosivi o di
manuali che insegnano il loro uso non significa certo che essi possano essere
utilizzati ma serviranno solo per rendersi credibili dinanzi soggetti con cui
si entra in contatto nell’ambito della raccolta di informazioni. In realtà
queste operazioni non sono una novità nel settore dell’intelligence. Negli
Stati Uniti e in Sudamerica infatti vi sono sempre stati agenti sotto copertura,
uno era il famoso italo-americano Frank Serpico, che si infiltrano sino ai
vertici delle organizzazioni dei narcotrafficanti e agli incontri ove sono
decisi i traffici a livello internazionale perché non avrebbe senso spendere
uomini ed energie solo per infiltrarsi tra gli spacciatori di strada. Certo il
crinale è stretto. Infatti lo scopo è quello di acquisire informazioni su
quello che sta accadendo, non contribuire a provocarlo. E il limite è molto
sottile. Ad esempio anche la semplice presenza ad una riunione di vertice di
una organizzazione in cui l’agente sotto copertura finge di essere d’accordo
può rafforzare o essere determinante per la decisione del gruppo di commettere un’operazione
criminale. E questo non deve accadere. In questi casi sarà spesso necessario
sventare subito l’evento criminale avvisando la Polizia giudiziaria e la
magistratura, anche a costo di rischiare che così l’informatore sia “bruciato”
e quindi non più utilizzabile.
Non credo comunque che nemmeno con
l’introduzione delle nuove norme, si rischi di tornare ai “Servizi deviati” di
un tempo. Tuttavia dovrebbero essere previsti maggiori attenzioni che le
modifiche ampliative rendono più che mai necessarie. Per questo vi era stata,
in particolare da parte dei partiti di opposizione, la proposta, resa di fatto
inattuabile dallo strumento del Decreto-legge, di prevedere per ogni singola
operazione un controllo quantomeno a posteriori del Parlamento e del suo organo
di vigilanza sull’attività dei Servizi, il COPASIR che è presieduto per legge
da un rappresentante dell’opposizione. Un controllo che attualmente non è
previsto. Ricordando sempre che ogni
attività “coperta”, anche utile per il Paese, incontra sempre precisi limiti e
cioè, come spiega la stessa legge istitutiva dei Servizi di informazione, che chi
agisce, autorizzato per fini istituzionali può “formalmente” commettere reati
purché non metta in pericolo la vita, l’integrità fisica, la libertà personale,
la salute o l’incolumità delle persone. E questi limiti devono restare
invalicabili e il loro rispetto deve sempre essere sottoposto alle più attente verifiche
a tutela delle istituzioni democratiche e dei cittadini.