ANCORA SUL SOCIALISMO DELLA
FINITUDINE di Franco Astengo
Una messa a punto nella destrutturazione
del sistema politico italiano. Ancora una volta mi permetto di
rivolgermi ad alcuni esponenti dell’intellettualità e della politica di
sinistra in Italia per avanzare una proposta di riflessione sul tema del “socialismo
della finitudine”. Un tema che già avevamo affrontato con il compianto
compagno Felice Besostri nell’intento di porre un tema di soggettività che in
assieme allora e personalmente oggi ritengo ancora non colmato dalle strutture
politiche presenti nel sistema italiano sul versante della sinistra.Se
non fosse di eccessiva pretesa rispetto alla qualità della proposta si potrebbe
pensare ad incontri di approfondimento chiedendo in questo l’aiuto dei tanti
interlocutori molto più preparati che non lo scrivente (il testo che segue
sicuramente rappresenta infatti una sintesi superficiale).
In
un quadro di crisi internazionale della quale è difficile ravvisare i
precedenti e a tre anni di distanza dell’insediamento di un governo frutto di
un evidente spostamento a destra vale forse la pena interrogarsi sullo stato
del procedimento in atto ormai da qualche decennio di destrutturazione del sistema
politico italiano.Sistema politico italiano nel quale sono avvenuti svariati
mutamenti del contesto istituzionale senza mai però addivenire a un completo
adeguamento all’imposizione dettata dal presentarsi di quella “Costituzione
Materiale” nel senso presidenzialista di cui fu interprete Silvio Berlusconi
nel corso della fase di maggioritario/bipolare. Una fase a suo tempo impostata
esclusivamente quale prodotto della trasformazione della formula elettorale
voluta semplicisticamente per via referendaria e quindi come espressione di una
superficiale “autonomia della politica”. Dopo la bocciatura popolare del
progetto portato avanti dal governo Renzi (2016) anche l’ipotesi di “premierato”
ideata dall’attuale maggioranza sta segnando il passo e forse la presidente del
consiglio sta aspettando l’occasione favorevole per definire meglio i rapporti
di forza attorno alla sua coalizione usufruendo anch’essa dei vantaggi di una
accettata “Costituzione Materiale” che le sta comunque conferendo una primazia
non prevista dalla nostra Carta fondamentale, ma sancita nella materialità
quotidiana dell’esercizio del governo. In ogni caso andando per ordine. Nel corso degli ultimi
anni si sono verificati fenomeni di vera e propria involuzione nella capacità
di espressione di un determinato grado di cultura politica, da parte dei
principali attori operanti nel sistema.
Sotto quest’aspetto alcune linee appaiono
assolutamente meritevoli di approfondimento: 1) Le influenze internazionali. L’Italia è l’unico
paese del mondo occidentale che vede il sistema politico destrutturarsi
totalmente con la crisi del ’92-’94 (fenomeno che va ripetendosi ai giorni
nostri). Solo nei paesi latino americani (e ovviamente in termini diversi, nell’Europa
dell’Est) è avvenuto un processo analogo. Questo fatto colloca le radici della
crisi in una storia di lungo periodo del sistema politico e individua negli
anni ’70-’80 la conclusione di un ciclo iniziato nel dopoguerra. Allo stesso
tempo avvicina (ovviamente solo sotto alcuni aspetti) il sistema politico
italiano ad alcuni modelli partitici più fragili e fortemente condizionati
dalle linee della Guerra Fredda. Pertanto l'intreccio nazionale/internazionale
è un punto di partenza decisivo, anche se solo nel definire la premessa, dello
scenario che ha avviato e determinato la crisi italiana. 2) Le influenze dei media. Le caratteristiche della
crisi del 1993 sono state assolutamente originali. Nel nostro Paese il peso di
forze mediatiche ed economiche è sproporzionato rispetto agli altri Paesi e
assegna ruoli decisivi a forze esterne al sistema politico (su questo punto è
apparsa notevole” l’intuizione presente nel documento della cosiddetta “Rinascita
Nazionale” elaborato dalla loggia massonica P2 nel 1975). Questo fatto ha
implicato una discontinuità con la storia dell’Italia repubblicana ed anche,
per alcuni aspetti, della stessa storia dell’Italia liberale. Sono state
capovolte gerarchie tradizionali nel rapporto tra sistema politico e forze
sociali. Alcuni di questi soggetti sono diventati protagonisti assumendo la
leadership o comunque condizionando partiti e coalizioni.
3) Nella fase stretta tra “Tangentopoli”
e trattato di Maastricht era intervenuta una fase di
passaggio: non trovandoci più dentro alla classica contrattazione di
tangenti tra sistema politico e sistema economico, ma alla rappresentazione
diretta del sistema economico nella politica: insomma, la politica viene
“usata” direttamente, senza intermediazioni, per “fare affari” come ben
dimostra, al massimo livello, la presidenza USA.
Sotto quest’aspetto chi si era permesso di dichiarare
che economia produttiva ed economia finanziaria, al giorno d’oggi, si
equivalgono nel giudizio di valore, non ha avuto ben presente la gravità e il
peso delle parole che stava pronunciando. Su questa basi si è nel
frattempo aperto un vero e proprio “fronte” di decostituzionalizzazione del
nostro sistema politico.
Da tempo (fin dall’era dei governi “tecnici” da Monti a Draghi) si sta assistendo, in Italia, alla costruzione di un regime
illiberale di tipo nuovo, senza precedenti né confronti nella storia, che è il
frutto di molteplici fattori di svuotamento della rappresentanza politica. Il fattore principale che ha generato lo stato di
cose in atto è rappresentato dalla verticalizzazione e personalizzazione della
rappresentanza. Il fenomeno è presente in molte altre democrazie,
nelle quali la rappresentanza si è venuta sempre più identificando nella
persona del Capo dello Stato o del governo e si sono indeboliti o esautorati i
Parlamenti. Nel nostro caso però siamo di fronte ad una forte
accelerazione verso il compimento di un passaggio verso quella che è stata
definita “democrazia recitativa” all’interno della quale la destraha operato proprio nel senso appena indicato
della già definita “decostituzionalizzazione” del sistema.
Marx ha dedicato pagine
memorabili a descrivere la potenza rivoluzionaria e modernizzatrice del
capitalismo e come questo avesse travolto le società precedenti, rivelandosi il
più grandioso sistema di mobilitazione della ricchezza del mondo sviluppato:
oggi ci accorgiamo della forza di questo rinnovamento capitalistico capace di
imporre egemonia rivoluzionando la relazione tra struttura e sovrastruttura. Compreso questo punto
dalla “nostra” parte serve mettere in moto un meccanismo nuovo che punti a
costruire una soggettività politica a partire dal basso, dalle presenze
territoriali (senza nessuna concessione, però ai movimentismi che hanno
caratterizzato, in senso deteriore, il primo decennio del nuovo secolo). Oggi il ritorno della
guerra come prospettiva globale, il riferimento a innovazioni tecnologiche in
grado di mutare il quadro di riferimento sociale, l'emergere di tensioni “dittatoriali”
sconvolgono l’assetto consolidato in un momento in cui si stava attraversando
una forte difficoltà per quell’accelerazione nei meccanismi di scambio che
abbiamo definito come “globalizzazione” con l’ingresso nel novero delle grandi
potenze di nuovi attori politici portatori di diversi sistemi di governo della
politica e dell’economia.
Nasce da queste valutazioni la proposta di “Socialismo della Finitudine” di
vero e proprio mutamento di paradigma attuato da sinistra che da qualche anno
stiamo cercando faticosamente di portare avanti e di cui l’acquisizione del “senso
del limite” si deve collegare alla ricerca dell’uguaglianza offrendo spazi
diversi di libertà in un modello di società che potremmo definire “sobrio”. È urgente
rinnovare un tentativo per affrontare questo tema partendo da un punto fermo: l’inevitabilità
di ricostruire una coscienza e una volontà politica. La coscienza della propria
appartenenza e la volontà politica di determinare il
cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di
qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose. Attenzione
però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione
oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell’assunzione di una
consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza
tra individuale e collettivo “si realizza la vita d’insieme che è solo la forza
sociale”, si crea il “blocco storico” (Gramsci: Quaderno 11).