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giovedì 3 luglio 2025

QUANDO CI AFFRANCHEREMO?
di Luigi Mazzella


 
Il miraggio italiano: una politica del tutto autonoma. 
 
Oggi, dopo il  servilismo dimostrato in oltre ottant’anni di tutti i politici italiani del dopoguerra (e segnatamente dai democristiani alla Romano Prodi, ai post-comunisti tipo Giorgio Napolitano ed ai neofascisti del modello di Giorgia Meloni) nei confronti degli Stati Uniti d’America (Democratici o Repubblicani che fossero i loro Presidenti), dopo il naufragio di un’Unione Europea finita in mano a burocrati di terz’ordine, lontani mille miglia da ogni utile scelta politica per l’Europa, dopo lo scivolone collettivo  del governo italiano in carica e di quelli europei sulla decisione di entrare (stupidamente) in guerra contro la Russia senza neppure avvertire i quidam de populo  destinatari eventuali di missili e bombe di rappresaglia o ritorsione, dopotutto ciò e altro ancora, la comparsa in Italia di una classe di governo del Paese capace di un pensiero autonomo, volto al perseguimento degli interessi nazionali per un recupero accettabile di credibilità economica e politica pur nelle disastrose condizioni date, può essere solo l’effetto di un miraggio ottico reso possibile dal deserto di raziocinio e di pensiero libero che gli abitanti dello Stivale sono “riusciti” a fare sorgere nel luogo oltre che più bello e ridente del Mediterraneo (e, con buona probabilità, del mondo) anche più ricco, storicamente, di geni universalmente riconosciuti. Leader politici di cultura, che in alternativa è: a) periferica urbana, o b) presuntuosamente contradaiola, o c) più sempliciotta e meramente contadina, sono sempre influenzati e ossequienti dagli e per gli antichi legami di sottomissione nazionale, a capi-popolo stranieri di Paesi, come Francia, Inghilterra, Germania, “volenterosi moschettieri di ogni guerra” e limitano il loro ruolo immaginativo allo scimmiottamento di moduli e schemi altrui, soprattutto se bellicisti. Nessuno valuta in costi e benefici l’esempio di un Paese neutrale e pacifico come la confinante Svizzera, perché nell’immaginario collettivo italico Guglielmo Tell non è paragonabile a Napoleone Bonaparte. E così la nostra Italia, decaduta da gentil donna antico-romana, nobile e altera a bigotta parrocchiana di campagna che racconta ai nipotini  i racconti dei cammellieri mediorientali immigrati da deserti aridi e da terre brulle; resa “incerta” nei suoi tanti staterelli in cui è stata divisa circa l’ossequio dovuto alle varie diramazioni parentali delle maggiori potenze europee; divenuta, per gratitudine per così dire “unitaria” e per un certo tempo, serva di Francia e Inghilterra (per i contributi risorgimentali ricevuti in odio all’impero austro ungarico considerato da quelle due potenze  da demolire in Europa, combattendolo nel “Bel Paese”); frastornata nel Novecento dalle lusinghe circa un utopico futuro migliore da imbonitori di mestiere (sedicenti, senza alcun vero e reale senso, di destra o di sinistra) si trova ad essere oggi più che mai “nave senza nocchiero in gran tempesta”, più donna da bordello (europeo) che prostituta autonoma di provincia (nostrana).