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giovedì 10 luglio 2025

CIMITERO DI GUERRA
di Angelo Gaccione

 

Dedicato alle donne di potere.
 
Q
uello che vedete nella foto è un cimitero di guerra. Cippi bianchi e ordinati, bene in fila e immersi in un paesaggio naturale dolce e ben tenuto dalla cura e dalla fatica di donne e uomini vivi. Gli uomini che vi giacevano sotto non ci sono più: polvere alla polvere, come è scritto nella Bibbia. Se li è portati via la guerra indifferente alla loro età. Nessuno di quelli che ha fomentato e voluto la guerra vi è sepolto. Non sono sepolti qui, quegli artefici, ma il tempo ha trasformato anche loro in polvere. È una riflessione che uomini e donne non fanno quasi mai, soprattutto uomini e donne di potere, la cui momentanea onnipotenza le illude fino a credersi immortali. Invece quel cimitero è lì a ricordarci che la morte ci siede accanto, ci accompagna e può ghermirci quando vuole. Quel cimitero ci dice che c’è stata la guerra e quei cippi hanno anticipato il corso naturale di un compimento inesorabile. Con la prossima guerra, quella atomica-nucleare totale che si profila all’orizzonte, non ci sarà alcun cimitero con i cippi bianchi e ben tenuti, e nemmeno un paesaggio dolce e naturale dove riposeranno i corpi liquefatti. Ci sarà solo un immenso deserto di rovine che affiorerà, forse, dopo centinaia, centinaia e centinaia di anni di buio e di inverno nucleare. La terra ritornerà al silenzio primordiale, a quel “mondo senza nessuno” prefigurato dalla fantasia dello scrittore pacifista Carlo Cassola nel suo omonimo romanzo. 



Mentre scrivo mi viene in mente un altro romanzo, quello del compianto amico Mario Spinella dal titolo Le donne non la danno. Ma che cosa non danno le donne? La morte, perché “dovrebbero” essere portatrici di vita. E invece martedì 8 luglio nel suo editoriale dal titolo “Aridatece Lisistrata”, Marco Travaglio ricorda ai suoi lettori che un mondo governato dalle donne non è affatto più pacifico di quello governato dagli uomini, e mette in fila i nomi anche di alcune accanite guerrafondaie dei giorni nostri, che fanno a gara a chi ci spingerà per prima all’apocalisse della terza guerra nucleare. Senza andare troppo indietro con la memoria: Von der Leyen, Kallas, Metsola, Meloni, e via enumerando. Vi risulta che una delle donne che abbia preso il potere in qualunque parte del mondo si sia mai preoccupata almeno di pronunciare la parola disarmo? Di esprimere un concetto che riguardi la riconversione delle industrie di morte, il taglio alla spesa militare, la riduzione a funzioni civili degli eserciti, la messa al bando della guerra? Nessuna sorpresa per me, avendo studiato a fondo per anni la perversione del potere (di cui quello militare è uno dei più perniciosi: informa di sé e contamina la società nel suo insieme; affama e uccide anche in tempo di pace), e sono arrivato a scrivere frasi come queste: Ogni potere stupra. E non mi sono fatto mai sedurre da categorie generiche (e dunque false) come se fossero degli “universali assoluti”. Donne, operai, intellettuali, artisti, religiosi… nessuna mitizzazione; io misuro uomini e donne dal loro agire individuale, dal contributo concreto, disinteressato che danno al bene comune, dal sacrificio che fondono col sacrificio dei molti per rendere meno infame queste nostre esistenze. E amo quelli e quelle che portano i loro corpi e le loro intelligenze nello spazio pubblico, che si indignano e si commuovono contro il disumano e la barbarie, di cui guerre e sterminio sono le aberrazioni più vistose. In un mio racconto di oltre quarant’anni fa (ma il libro uscì dall’editore Bertani di Verona nel 1987) il lungo ragionare del personaggio si conclude con una frase secca, ma carica di sconforto e pessimismo: “È le donne, perché credete che siano migliori? Anche loro sono state impastate col fango come l’uomo, ed anche loro come noi sono un errore del Padreterno”. E segue una lista lunghissima di ragioni. 


Ma torniamo al cimitero di guerra e alle donne di potere con un pensiero finale. Stanno preparando a cuor leggero la fine di tutti e non si vede all’orizzonte alcuna rivolta di popoli che possa impedirla. Non si fermano davanti alla sparizione della bellezza e di quanto di straordinario le civiltà hanno prodotto. Non si fermano davanti alla condanna a morte di miliardi di anonimi esseri umani, e come mamme non si fermano nemmeno davanti a quella dei lori figli ancora bambini. Concorrono al riarmo e si preparano alla guerra con gioia, come al ballo finale dell’umanità.