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mercoledì 2 luglio 2025

REQUIEM DELLO STATO DI DIRITTO   
di Luigi Mazzella


 
Prescindiamo da ciò che avviene nell’Occidente e segnatamente in Europa e rappresentiamo per l’Italia uno scenario reale che metta in evidenza le falsità di quello apparente; disegnato, quest’ultimo, dall’ignoranza o dalla malafede (o da entrambe congiunte) della classe politica e dai mass media. Con la dichiarazione di guerra alla Russia e di co-belligeranza con l’Ucraina è andato, come suole dirsi, “a farsi benedire”, in modo eclatante, il concetto dello “Stato di Diritto” che, com’è noto, presuppone che l’agire dei reggitori della res publica sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti. In altre parole, in tale sistema, lo Stato sottopone, prima di ogni cittadino, sé stesso al rispetto delle norme di diritto e della Costituzione. Nel silenzio complice dell’intera classe politica italiana e del sistema mediatico Occidentale il Governo Italiano ha violato, invece in maniera clamorosa, l’articolo 11 della nostra Carta Fondamentale che consente di derogare al principio di ripudio della guerra solo in ipotesi particolari tra cui l’osservanza degli obblighi derivanti dall’adesione alla NATO. Ora tali obblighi (soccorso, difesa, assistenza di un Paese facente parte dell’Alleanza) non sussistevano, perché l’Ucraina non era membro della NATO. Più chiaro di così…
Negli Stati Uniti d’America, l’elettorato, consapevole o meno della situazione più che incresciosa, gravissima, creata da Joe Biden, ha preferito “cambiare la guardia” alla Casa Bianca, eleggendo Donald Trump che si è subito affrettato ad “arrendersi” e ad uscire dal conflitto in Ucraina. In Italia, per avere lo stesso risultato si sarebbe dovuto procurare o almeno sollecitare, chiedere a gran voce la caduta del governo in carica e mandare, con mosse adeguate, a casa la Meloni, per sostituirla con leader pacifisti che fossero d’accordo con gli Stati Uniti di Donald Trump. Così, come era avvenuto in America per Joe Biden. E ciò per i danni provocati al Paese dalla Meloni: impoverendolo ed esponendolo al rischio di ritorsioni e rappresaglie da parte della Russia.
Non è stato così. Come in altri tipi di ordinamenti di collettività diverse dallo Stato, la gravissima violazione delle leggi da parte del Governo in carica non è stata ritenuta una colpa: né dall’opposizione di invasati e sbraitanti banditori di equivoci slogan né dai membri solo apparentemente e cautamente dissenzienti della stessa coalizione governativa. Il “popol morto” di carducciana memoria ha dovuto assistere, nel “silenzio-stampa” (e radiotelevisivo), all’ennesimo colpo inferto alla sua credibilità civile e democratica e affidarsi sterilmente ai social, senza neppure più porsi la domanda: “fino a quando?”