SCUOLA: PRIORITÀ DI UN’INIZIATIVA
POLITICA di
Franco Astengo
Quando si
pensa al governo Meloni come al governo “del ritorno all’indietro” la priorità
svolgendo questo tipo di riflessione tocca alla scuola e al tentativo del
ministro Valditara di imporre un nuovo modello fondato, come giustamente è
stato fatto rilevare, su di una precisa visione ideologica. Infatti la proposta del formato “4+2+1”
(quattro anni di scuola superiore tecnica, due di ITS e un solo anno
universitario) per ottenere una laurea triennale rientra in un quadro di
ritorno al dualismo nella logica del sistema educativo. Tutto assomiglia alla
riforma Gentile del 1923: i percorsi liceali più lunghi e teorici resteranno
canale esclusivo per la formazione di élite intellettuali, l’accelerazione dei
percorsi tecnico-professionali porterà ad un immediato rivolgersi al mercato
ovviamente da parte di studenti meno agiati e con punti di partenza più
difficoltosi. Anche nel 1923 si parlava di differenziazione formativa e si
tracciavano binari separati per chi era destinato comunque nella sua vita
lavorativa a rimanere subalterno: una subalternità che in un regime totalitario
si sarebbe automaticamente trasferita all’ambito politico, sociale, civile.
Su
questo tentativo di modifica portato avanti dal governo di destra sono state
elaborate analisi molto puntuali di contrasto sottolineando come la coerenza
formativa rimarrebbe quale nodo irrisolto con la costruzione di percorsi basati
sull’operatività (fino al 60% delle ore negli ITS è dedicato a laboratori e
tirocini aziendali) e ponendo in secondo piano il fondamento dei contenuti
teorici e di acquisizione di un linguaggio critico su cui si basa l’Università. Non sarebbero così garantite le
basi teoriche e un simile modello finirebbe con il creare una nuova categoria
di laureati definiti “non competitivi” sul piano europeo con un titolo
formalmente identico ma sostanzialmente indebolito rispetto a possibili ruoli
di operatività dirigenziale: ecco così formata una “categoria subalterna”.
Ferma restando la necessità di
incrementare il numero di laureate/i in materie STEM (di cui l’Italia soffre un
grave deficit) così come di operare un contrasto al riguardo del fenomeno della
cosiddetta “fuga dei cervelli”, fenomeno annoso che richiama molteplici
questioni prime fra tutte di fruizione di ruolo e di status economico nell’accesso
a determinate posizioni di lavoro oltre ad altri temi più complessivamente
intesi sul terreno della vivibilità nel nostro Paese (giovani/casa, welfare,
trasporti, situazione delle grandi città). Esistono poi altre rilevanti
questioni collocate in un ambito più specifico (ad esempio riguardante l’autonomia
degli atenei) che in questa sede si omette di affrontare per economia del
discorso.
L’occasione è dunque quella di
lanciare un allarme e di chiedere un intervento politico molto più deciso tale
da affiancare l’opposizione sindacale.Un intervento politico che si
faccia promotore di una iniziativa tale da far sì che il tema della scuola,
della sua qualità di insegnamento, della sua finalità di fondo rivolta alle
giovani generazioni non venga piegata a questa torsione ideologica che sta
introducendo pesantemente il tema della differenziazione di classe: perché di
questo si tratta e non di minor questione.