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venerdì 26 settembre 2025

LETTERA APERTA
di Chiara Landonio


 
Ricostruire il corpo sociale
 
C’è un nuovo fermento in questi ultimi mesi, nato dallo sdegno per il genocidio a Gaza e acuito dal fatto che sia il primo genocidio trasmesso in diretta, cosa che ha accresciuto il senso di impotenza delle moltitudini. Le persone si incontrano alle manifestazioni, si riuniscono, ma il lavoro che abbiamo di fronte è lungo e va preparato. Abbiamo vissuto dagli anni Ottanta in poi in maniera sempre più disgregata, ci siamo chiusi nella privatezza delle nostre vite e abbiamo delegato sempre più le funzioni sociali che ci competevano. I sindacati si sono trasformati vieppiù in agenzie di servizi alla persona, mentre hanno dimenticato le rivendicazioni sociali, in un mercato del lavoro che si è atomizzato e precarizzato. Si è andata creando una spaccatura tra i popoli e la vita politica, una disaffezione dovuta alla sensazione che i politici siano sempre più attratti dal potere in quanto tale o cooptati da poteri forti che promuovono la propria agenda piuttosto che il bene della collettività. Il meccanismo del voto è stato svuotato dall’interno, passando da un proporzionale puro ad un maggioritario che ormai tiene fuori il dissenso, fino a fare del non-voto l’ultima forma di resistenza dei cittadini.
Tutti fattori che hanno contribuito alla crescita di idee individualistiche, al ripiegamento su se stessi, alla fine del dialogo e che hanno avuto come portato lo smembramento del corpo sociale.



È venuto il tempo di mettere a fuoco cosa sia il potere che abbiamo di fronte, sempre più nascosto, sempre meno nominato perché non ha nomi, perché si avvale di burocrazie ligie al programma e che si avvicendano in una comunanza dei fini. Vedere quanto noi lo supportiamo con i nostri comportamenti quotidiani, con il nostro individualismo, e quanto esso ci abbia fatto credere di essere liberi mentre ci imprigionava con gli stessi mezzi che noi abbiamo considerato legati alla nostra emancipazione. E per fare questo è necessario ricostruire un corpo sociale vivente, il che significa individualità sempre più coscienti e che ricomincino ad avere fiducia nel proprio potere, che sappiano organizzare alleanze.
Il potere ha forza nella disgregazione e la insinua nei luoghi che prima erano luoghi aggreganti come i luoghi di lavoro, le fabbriche, le scuole, gli ospedali… da qui bisogna ricominciare dialogando, unendosi per sentirsi più determinati e aprirsi all’esterno per cercare le alleanze che supportino queste forze. Ieri è giunta la prima notizia di una possibile convergenza tra USB e CGIL per uno sciopero generale. È un inizio, una risposta alle persone che dal basso, sia fuori che dentro al sindacato chiedevano convergenza e hanno urlato contro i protagonismi, piuttosto che venire dalle dirigenze in quanto tali. È come se ci fosse un'intelligenza che ci supera come singoli, come quando si guardano gli storni che entrano nella schiera e si muovono come un corpo unico e nuovo e dimentico almeno un po’ dell’individualità. E allora bisogna credere a questa possibilità di stare insieme.
Vorrei fare un esempio di questa forza: la scuola si è nel tempo sempre più isolata, si è trasformata in un’azienda che doveva fare profitto e cooptare più ragazzi possibili. I dirigenti si sono sempre più allontanati dal corpo docente e il corpo docente dai genitori e dagli alunni. Ognuno pensa di essere solo e di dover portare il proprio peso, ma questo può essere cambiato. I genitori che si uniscono, che si informano possono diventare un sostegno da fuori contro le politiche suprematiste, belligeranti che si insinuano nei programmi scolastici, possono diventare alleati degli insegnanti che si battono contro questa deriva dell’educazione. E questo vale anche per gli alunni che devono essere informati della situazione vigente, devono poter dire la loro per trovare il proprio modo di intervenire nel mondo. Oggi abbiamo bisogno di dialogo e di alleanze, ricreare “loci” forti e attivi di contropotere per la Palestina, contro la guerra europea che si profila all’orizzonte, contro il modello capitalistico dell’Occidente che ormai appare in tutta la sua nefandezza.