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come si poteva immaginare. Del resto è da lunga data che l’opinione della città
e dei cittadini non conta nulla. Se si avesse l’onestà di dire che il diritto
di voto è diventato un voto senza diritti; che la stragrande maggioranza dei
candidati che eleggiamo per fare gli interessi pubblici finisce per diventare
nemica di chi l’ha eletta, le cose sarebbero più chiare. E magari troveremmo
altri metodi e altre pratiche. Ed è da lunga data che i privati fanno del bene
pubblico merce ghiotta per i loro arricchimenti ed i loro piani perché i
decisori, molti nemmeno eletti, ma cooptati come “esperti”, riciclati nelle
istituzioni come contrappesi dei rapporti di forza e di potere delle cricche
che si formano nei vari partiti, non debbono tener conto della volontà di
chicchessia, e diventano i loro più preziosi alleati. Basta il consenso di un
pugno di consiglieri, di un sindaco compiacente, di qualche assessore ben
disposto, e il sacco della città si può compiere legalmente, un bene pubblico
alienare, arricchire un fondo di speculatori, deprivare di quella ricchezza e
di quel bene la collettività tutta. Di tutela degli interessi pubblici nemmeno
a parlarne, ed è raro che possa rientrare nel loro orizzonte di amministratori.
Però il linguaggio corrente si ostina a definirli amministratori pubblici.
Quasi tutti con le classi popolari costoro non hanno nulla a che vedere, né
come provenienza sociale, né come soggetti militanti delle lotte. Sono o dei
perfetti sconosciuti cooptati come funzionari, o dei manager (“neutri” li
definiscono, ma poi fanno apertamente gli interessi dei poteri economici forti
delle città).
Che su San Siro non si sia voluto tener conto di nessuno dei
tanti punti messi in fila dai Comitati contrari alla svendita; di nessuna
obiezione, di nessun rilievo, da parte di una Amministrazione che si è blindata
nella sua cittadella e che è composta da un pugno di uomini e donne – una inezia
rispetto ad una città intera e ad un sentimento di contrarietà che proveniva
anche dal resto d’Italia e persino dall’estero – è parso evidente fin da
subito, ed ieri noi che eravamo in piazza della Scala e abbiamo seguito il
dibattito da Palazzo Marino in diretta, ne abbiamo avuto la prova.
Un consenso
trasversale che unisce da almeno un trentennio, maggioranze e finte opposizioni
su un disegno comune: privatizzare quanto più è possibile; svendere ai privati
ciò che si avrebbe il dovere di gestire. E un po’ alla volta si è finiti come è
accaduto con la Sanità. Introiti favolosi per i privati, crisi, tagli, e
impoverimento per il pubblico e dunque dei cittadini. Se la mangeranno tutta la
città, di questo dobbiamo avere consapevolezza. Perché checché possano pensarne
i sostenitori del Pd, questa sigla non contiene nulla della sostanza di ciò che si ostinano
a immaginare e sostenere. Nella pratica è parte integrante degli interessi
antipopolari: negli affari come nella guerra.