Dopo
l’ultimo efferato omicidio, accaduto a Milano, giorni fa, possiamo chiederci
cosa ha spinto il coltello nella mano di Gianluca Soncin a inferire decine di
coltellate sul corpo di Pamela Genini? E quello di Turetta sulla povera Giulia
Cecchettin e quello di tanti e tanti altri uomini contro tante e tante altre
donne? E che cosa spinge a usare la violenza dei russi in Ucraina e gli
israeliani e i palestinesi? È la mancata gestione del conflitto, per cui la
guerra è l’organizzazione sistematica della violenza, basata sulla distruzione
sistematica del nemico, anche civile ed inerme? Ma la guerra non è soltanto fra
gli Stati. La guerra può essere all’interno di una famiglia. Può essere
all’interno di un gruppo sociale, o tra due esseri umani che hanno smesso di
volersi bene. Da questo punto di vista, ogni guerra, ogni omicidio, ogni
femminicidio, ha come scopo la distruzione di chi non la pensa come te.
Viviamo, da tempo, in un mondo in cui le relazioni affettive (e sessuali) sono
contrassegnate da marcati atteggiamenti di potere e da preconcetti legati al
genere. Sempre più si rende necessaria, allora, un’opera di educazione e
rieducazione all’affettività, che comprenda in maniera completa, anche tutto il
mondo legato alla sessualità, oggi purtroppo affidato solo alle distorsioni
effettuate dalle informazioni sui social.
Si tratta di accettare il concetto
che la violenza di genere ha le sue radici in una cognizione ristretta e
deformata dell’affettività e dell’intimità. La nostra attuale visione è fondata
su prototipi culturali che indirizzano i comportamenti all’oppressione, alla
dominazione, al sentirsi padroni uno su un altro. Una educazione affettiva, che
elimini questo modo di intendere le relazioni tra gli esseri umani, e a maggior
ragione tra un uomo e una donna, non solo impedisce che si scateni la violenza,
ma aiuta a istituire nella società, piccola o grande che sia, tutta una serie
di rapporti autentici, connotati dal valore del rispetto. L’affettività genuina
è un modo di rapportarsi uno con un altro, improntato sulla capacità di aprire
la propria anima, i propri sentimenti alla facoltà di ascoltare l’altro,
esperienza in cui le persone imparano a connettersi, senza cercare di dominare
o possedere. Dunque si tratta di attaccare e smontare gli attuali modelli
culturali, che avvinghiano nelle loro spire malefiche, le relazioni di genere,
attraverso il dominio e il controllo. Quale modello culturale davvero
pericoloso per sé, per gli altri, è quello che considera l’uomo l’unico capace
di proteggere, che è il capo e che è autorizzato a decidere sempre e solo lui,legittimato per sua natura, ad esercitare senza opposizioni, ogni forma di controllo?
Questa convinzione di essere il padrone della vita di un’altra persona, senza
mai metterla in discussione, nella maggioranza assoluta dei casi, può condurlo
a farsi trascinare verso comportamenti che si traducono in atti di violenza.
Invece, con l’educazione sessuo-affettiva, si è capaci di comprendere e
riconoscere le emozioni, di vedere nell’altro che si ha di fronte, o che ti
vive accanto, una persona con i suoi bisogni, i suoi desideri, la sua
fragilità, la sua voglia di affetto e tenerezza. La violenza nasce spesso, non
solo dalla difficoltà di accettare l’altro come uguale a se stessi, ma anche
come qualcuno che ha una sua propria volontà e identità autonoma.
Nell’incontro
tra due persone, il rapporto corretto e carico di empatia, deve essere quello
nel quale entrambe le parti rispettano il loro essere una “singolarità” e
unicità. Riconoscere l’altro, e accettarne la complessità, contribuisce a
costruire una società in cui non c’è più posto per la violenza, di qualsiasi
tipo. L’uomo deve abbandonare l’idea di essere l’unico a esser dotato di forza
e di essere stato designato per secoli a svolgere il ruolo del capo-branco, l’unico
dotato di razionalità e di esenzione dalle fragilità e, per converso, che il
ruolo della donna debba essere soltanto contraddistinto da docilità e
comprensione. Introdurre nella società, fin da bambini, e successivamente in
ogni ordine e grado, nelle scuole, programmi di educazione affettiva, implica
la rivelazione che con la tenerezza e l’accettazione delle proprie fragilità,
si può costruire un mondo migliore per tutti. Essere vulnerabili non è un segno
di debolezza. Ecco che, allora, costruire una cultura della sessuo-affettività
consapevole, significa diffondere l’idea che le relazioni tra gli esseri umani
devono essere uno spazio di crescita reciproca, in cui ciascuno può esser sé
stesso, senza paura di essere dominato o giudicato. Educare alla
sessuo-affettività, significa andare verso l’altro con mani che accarezzano,
senza coltelli che uccidano.