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domenica 12 ottobre 2025

LA VOCE DEI POETI
di Anna Rutigliano


Dvora Amir
 
Alla traduttrice ed editrice inglese Lisa Katz, nota per le sue traduzioni di poesie ebraiche in lingua inglese, tra cui opere di stimati poeti israeliani come Admiel Kosman, Tuvya Ruebner e Dvora Amir, devo la mia gratitudine per avermi iniziato alla conoscenza di alcuni componimenti della poetessa israeliana, a noi contemporanea, Dvora Amir, nello specifico la poesia dal titolo: ‘Geography Lesson’ (Lezione di Geografia). Studiosa di Ebraico e di Cabala presso l’università di Gerusalemme prima e, successivamente, di letteratura Inglese presso l’università dell’Illinois, testimone della Naksa ( النكسة ), il conflitto arabo-israeliano dei sei giorni, che decretò una  seconda diaspora del popolo palestinese nel 1967, sfollando quasi quarantamila persone dal proprio territorio, già in fuga durante la Nakba ( النكبة) del 1948, la Amir ha suscitato il mio vivo interesse in merito al significato di “fare poesia” per voce israeliana, per il suo approccio, fra il realistico ed il simbolico, alla crisi mediorientale che da decenni è  in atto nella Striscia di Gaza. Nella sua riflessione metapoetica, in cui la poesia, si specchia e contempla se stessa, nella duplice valenza di atto salvifico e di desiderio di solitudine, richiamandosi ai versi larkiniani di “Wants” ( Beyond all this: the wish to be alone”) , se ne aggiunge una terza, dal  valore semantico di atto di denuncia di un popolo straziato dalla sofferenza per mano altrui, che rivendica la propria terra ed in cui le poesie sono obbligate a spostarsi continuamente in una geografia ancora del tutto inesistente.


Caravaggio: Salomè
 
Lezione di Geografia
di Dvora Amir
 
Cosa crea la poesia? Mi chiedi,
ed io, come il carbonaio del film basco,
corro per abbracciare i mucchi di carbone in caduta.
Stiamo parlando di un atto salvifico, ti dico,
il coraggio di toccare con mano il calore mentre collassa.
Oltre a tutto ciò, come scrisse Larkin,
il desiderio di solitudine.
Poggia sul mio collo questa terra in strazio 
Il coltello, la lancia e la spada
sono stati contaminati sin dal giorno
 in cui qualcuno pensò di produrli.
Camminiamo come gente senza senno
tamburellando i nostri petti esposti in folli cerimonie.
Le poesie, te lo garantisco, non hanno fatto
esperimenti su animali.
Tutto è creato attentamente e umanamente,
dopo tutto, si tratta di esseri umani.
La testa di una donna palestinese bendata
di candido cotone
poggia sul vassoio
come la testa del Battista consegnata a Salomè.
Nella terra in cui si rivendicano latte e sangue
materni gocciolanti
Le poesie sono beni mobili -
pietre, crinali, case, recinti.