Alla traduttrice ed editrice
inglese Lisa Katz, nota per le sue traduzioni di poesie ebraiche in lingua
inglese, tra cui opere di stimati poeti israeliani come Admiel Kosman, Tuvya
Ruebner e Dvora Amir, devo la mia gratitudine per avermi iniziato alla
conoscenza di alcuni componimenti della poetessa israeliana, a noi
contemporanea, Dvora Amir, nello specifico la poesia dal titolo: ‘Geography
Lesson’ (Lezione di Geografia). Studiosa di Ebraico e di Cabala
presso l’università di Gerusalemme prima e, successivamente, di letteratura
Inglese presso l’università dell’Illinois, testimone della Naksa ( النكسة ), il conflitto arabo-israeliano dei sei giorni, che decretò una seconda diaspora del popolo palestinese nel
1967, sfollando quasi quarantamila persone dal proprio territorio, già in fuga
durante la Nakba (النكبة)del 1948, la Amir ha suscitato
il mio vivo interesse in merito al significato di “fare poesia” per voce israeliana,
per il suo approccio, fra il realistico ed il simbolico, alla crisi mediorientale
che da decenni è in atto nella Striscia
di Gaza. Nella sua riflessione metapoetica, in cui la poesia, si specchia e
contempla se stessa, nella duplice valenza di atto salvifico e di desiderio di
solitudine, richiamandosi ai versi larkiniani di “Wants” ( Beyond all this:
the wish to be alone”) , se ne aggiunge una terza, dal valore semantico di atto di denuncia di un
popolo straziato dalla sofferenza per mano altrui, che rivendica la propria terra
ed in cui le poesie sono obbligate a spostarsi continuamente in una geografia ancora
del tutto inesistente.
Caravaggio: Salomè
Lezione di Geografia di Dvora Amir Cosa crea la poesia? Mi chiedi, ed io, come il carbonaio del film basco, corro per abbracciare i mucchi di carbone in caduta. Stiamo parlando di un atto salvifico, ti dico, il coraggio di toccare con mano il calore mentre collassa. “Oltre a tutto ciò”, come scrisse Larkin, “il desiderio di solitudine”. Poggia sul mio collo questa terra in strazio Il coltello, la lancia e la spada sono stati contaminati sin dal giorno in cui qualcuno pensò di
produrli. Camminiamo come gente senza senno tamburellando i nostri petti esposti in folli cerimonie. Le poesie, te lo garantisco, non hanno fatto esperimenti su animali. Tutto è creato attentamente e umanamente, dopo tutto, si tratta di esseri umani. La testa di una donna palestinese bendata di candido cotone poggia sul vassoio come la testa del Battista consegnata a Salomè. Nella terra in cui si rivendicano latte e sangue materni gocciolanti Le poesie sono beni mobili - pietre, crinali, case, recinti.