MUSICA: NON CE N’È MAI ABBASTANZA di Angelo
Gaccione
Musica e ricordi alla Darsena di Milano
Può capitare, come è capitato in una recente domenica di metà
ottobre, in una giornata dalla luce scialba e con un sole tenue e malato, che
un meraviglioso e fantastico trio o unquartetto di musicisti, o più semplicemente un unico suonatore di
fisarmonica, che si arrangia come può, trascinandosi lo strumento e
l’amplificatore su un improbabile mezzo di trasporto, magari una bicicletta
debitamente acconciata, occupi uno spazio della Darsena o si sistemi lungo i
Navigli, per mettersi a suonare. C’è stato un tempo in cui gli artisti, e
soprattutto i musicisti di strada, tutti di indubbio talento, si distribuivano
con i loro strumenti lungo il corso Vittorio Emanuele, sulla via Orefici,
davanti al Castello, in Piazza della Scala, in Piazza del Duomo, dentro le
linee della Metropolitana, in San Babila, e lo riempivano di musica il cuore
pulsante della città. Era uno spettacolo di gioia e i passanti facevano cerchio
intorno e applaudivano, mostrando di gradire quelle armonie. Poi arrivarono i
divieti e fioccarono le multe, perché chi non ama la musica è capace di qualunque
misfatto. Ahimè, anche chi la musica la apprezzava (nazisti e dittatori di ogni
risma e colore) si è macchiato di orrendi misfatti! Ma ho scritto tante volte
di questo argomento e voglio sorvolare.
Da quando la Darsena è stata restituita
alla fruizione dei milanesi eliminando l’orrendo ammasso di macchine che la
sfigurava e i battelli scivolano lenti sulle sue acque, i musicisti sono
arrivati anche qui. Si piazzano addossando le schiene ad uno dei parapetti del
ponticello che guarda verso la porta gigantesca dove sul frontale si legge la
scritta Alla pace salvatrice dei popoli, e danno vita ad un gratuito
concerto. La gratuità è una merce rara e proprio per questo straordinariamente
nobile e generosa.La domenica di cui sto parlando ora, il trio, che più
tardi diventò un quartetto, esibiva un basso, una chitarra solista, una
batteria. Musicisti esperti, non più giovani e con un lungo esercizio musicale
alle spalle. Sul cartiglio riposto nella custodia di uno strumento a corda
c’era scritto Elektric Blue Trio, e suonava divinamente. Una carrellata di Jazz
dolce, armonico, allegro. Poi un folk fatto di ballate dal sapore western. Poi
suoni e ritmi manipolati per farne una parodia gioiosa ricca di sfumature
ironiche, ed anche io per qualche ora mi sono sentito allegro e gaio, come le
mille rondinidai pensieri allegri svettanti su San Lorenzo come
recitano i versi del mio amico poeta Franco Loi che qui nei pressi aveva per un
lungo tempo abitato. Nella via Sambuco per la precisione.
Ora qua intorno
vivono persone che mi sono care: la poetessa e critico Gabriella Galzio ha le
finestre della casa che guardano sulla Darsena; il commediografo e scrittore
Luca Marchesini abita sul Corso San Gottardo come l’amica poetessa Laura
Cantelmo e come il pittore e musicista Adalberto Borioli; l’attrice Mariella
Parravicini ha casa sulla bellissima Piazza Sant’Eustorgio e musicista era
stato il suo consorte: il compianto Giuliano Zosi, la poetessa Antonella Doria, figlia e nipote di cantanti lirici, vicino all’Auditorium. Ricordare è un privilegio a
cui non dovremmo mai rinunciare. E mentre la musica si spande tutt’intorno,
passanti e gruppi di turisti da ogni dove si muovono nella raggiera delle
direzioni della piazza. I più lungo i Navigli, non prima di aver fatto una
sosta di fronte ai musicisti. Per uno scrittore un luogo di transito tanto
vivace è un ottimo osservatorio, ed io mi incanto ai vestiti più curiosi, assurdi,
impossibili che mi passano davanti. Più di tutto indugio sulle movenze degli
spettatori che seguono il ritmo: quelle delle donne soprattutto, perché in loro
è connaturata la sensualità e la civetteria, e se le osservi e se ne accorgono
danno il meglio di loro stesse. Quando il trio diventa un quartetto con
l’arrivo di un sassofonista, e la pianola sostituisce il basso, la musica
diventa ancora più robusta e gli applausi ad ogni fine brano si fanno più
decisi. Una donna di colore bene in carne, anzi abbondante, mi stupisce per la
grazia e la scioltezza con cui si muove al ritmo di un buki buki. Si direbbe
che la pinguedine aggiunga dinamismo al movimento. Siamo tutti di buon umore
perché la musica fa di questi miracoli, e per fortuna qui non c’è nessuna guerra.
Torno a meditare sull’iscrizione latina incisa nel frontone dell’Arco
ottocentesco. È proprio vero, la pace è salvatrice dei popoli.