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domenica 19 ottobre 2025

POETI
di Salvatore Di Marzo


Salvatore Di Marzo
 
La Cumana
 
Il vento furioso è una voce d’alloro,
un bruito che mesce parole alle foglie,
all’ombra di tede, che freme, un respiro
che esala la terra, e aggrava le ciglia.
 
Ancora tre volte il vento ha frullato
le foglie a sei dita, ma sono di polvere,
un’ombra nelle ombre, e sibila e striscia
tra i cespi sugli occhi di bianche ginestre.
 
La cicala frinisce nel giorno che muore,
in un soffio che effonde un amplesso di voce,
e sfiorisce, nelle parole che mai ho ascoltato
e nella carezza che mai mi ha lasciato.
 


Liliana Ravalli: Bosco
 
Requie materna
 
Non era di chi ti lasciava da sola la colpa, in silenzio
e tacendo, a invecchiare alla vecchia poltrona alle soglie
del giorno (le madri lo sanno che è loro dovere aspettare,
ma senza sapere). Ed era nell’alba, un quadrante sbiadito
un elianto appassito a segnarti la voce nel canto del seno,
il mio cuore. Madre, come tutte le madri povera e giusta
nella loro vecchiezza, gloria al tuo sguardo, e al silenzio.
Non sono mai quel tuo figlio, ma sono tue le bianche parole
in penombra, da quando allattavi il mio labbro, come succo
di melograno (non hanno un passato, e non hanno domani).
Il sole imbianca, e la campana, lontana coetanea, dichiara
la sera, ma tu, rassegnata, non andare nell’estremo rintocco,
soccorrimi ancora, aggrappato alla veste di un ricordo segreto,
e non andare perché lo devi al mistero sonoro del vespro.