Giuseppe Carlo Airaghi, con il suo volume L’unione
arbitraria delle singole parti,compie un gesto audace che è prima
di tutto un atto interiore. Non si tratta di una pura espressione di
narcisismo, ma di una sentita necessità. L’autore ha sentito il bisogno
prepotente di tornare sui propri passi e tentare di fare “ordine” nel cammino
percorso. Il libro è una raccolta antologica di poesie scelte e rivisitate,
scritte nell’arco di dieci anni (2013–2023). Airaghi propone una rilettura del proprio itinerario
poetico. L'intento è restituire una visione organica a parole, immagini e
visioni ricorrenti che lo attraversano e lo abitano. La scelta del titolo -
l’unione è “arbitraria” e insieme necessaria - chiarisce subito la natura del
progetto. Si tratta di un tentativo di conferire unità a un percorso che,
mentre si realizzava, non perseguiva consapevolmente alcuna sistemazione
organica. L’autore non segue un criterio cronologico, ma un principio di
risonanza. Egli accosta testi tratti da quattro raccolte già edite, ordinandoli
secondo una logica “tematica”. Airaghi mette in dialogo poesie nate in tempi
diversi, ma unite da figure e domande che tornano. Ne emerge un mosaico
coerente e mobile, dove la poesia
diventa gesto di conoscenza e atto di scoperta. L’autore indaga temi cruciali
come la memoria, l’amore, la perdita, la città, l’infanzia e il cammino. Queste
sezioni tematiche non sono capitoli tradizionali, ma “soglie da attraversare”. Le
sezioni che compongono il volume, come Paesaggi
urbani con figure e Autobiografia
apocrifa, dialogano tra loro come frammenti di un unico discorso poetico.
La costanza di una postura poetica tiene insieme i testi, rifuggendo la
retorica e cercando parole chiare e dirette. Il compito che Airaghi affida alla
scrittura è prima descrivere e poi rivelare, anche a costo di allargare le
ferite. La sua poesia cerca, nella realtà, il punto in cui l’esperienza
individuale incontra le condizioni comuni a tutti, come la fatica e il dolore. Ad aprire il percorso, due poemi unitari ampliano
il registro lirico verso una dimensione quasi teatrale. Questi sono Monologo dell’angelo caduto e Il poema del cammino. A differenza delle
sezioni tematiche, questi due poemi sono percorsi già strutturati nella loro
interezza. Entrambi si configurano come monologhi
che danno voce a un'interiorità drammatica. Con la forma poemetto, l’autore
tenta di allontanarsi dall’esibizione ricorsiva dell’io lirico contemporaneo.
Egli prova a filtrare la soggettività affidando la voce a un personaggio e
usando un meccanismo narrativo. Tuttavia, in filigrana, l’autobiografismo
inteso come traccia emotiva e conoscitiva, emerge comunque, poiché in poesia è
impossibile non attingere al proprio vissuto interiore. L'autore stesso ammette
che l’antologia racconta forse più del presente che del passato. Quest’opera
non celebra un traguardo, ma interroga un percorso. L’unione arbitraria delle singole parti è un tentativo di
ricomporre un puzzle per restituire la parvenza di un’immagine compiuta, anche
se solo provvisoriamente. L’arbitrarietà dell’unione, come suggerisce il
titolo, non rende l’opera priva di senso, ma riflette la ricerca continua di un
senso possibile tra le tracce
della propria esistenza. Il lettore troverà, si augura l’autore, il filo
sottile e incompleto che unisce queste singole parti.
Giuseppe Carlo Airaghi L’unione arbitraria delle singole parti ChiareVoci Edizioni 2025 Pagine 265 euro 13.00