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domenica 19 ottobre 2025

SCAFFALI
di Gianfranco De Giovanni
 


Giuseppe Carlo Airaghi
 
Giuseppe Carlo Airaghi, con il suo volume L’unione arbitraria delle singole parti, compie un gesto audace che è prima di tutto un atto interiore. Non si tratta di una pura espressione di narcisismo, ma di una sentita necessità. L’autore ha sentito il bisogno prepotente di tornare sui propri passi e tentare di fare “ordine” nel cammino percorso. Il libro è una raccolta antologica di poesie scelte e rivisitate, scritte nell’arco di dieci anni (2013–2023). Airaghi propone una rilettura del proprio itinerario poetico. L'intento è restituire una visione organica a parole, immagini e visioni ricorrenti che lo attraversano e lo abitano. La scelta del titolo - l’unione è “arbitraria” e insieme necessaria - chiarisce subito la natura del progetto. Si tratta di un tentativo di conferire unità a un percorso che, mentre si realizzava, non perseguiva consapevolmente alcuna sistemazione organica. L’autore non segue un criterio cronologico, ma un principio di risonanza. Egli accosta testi tratti da quattro raccolte già edite, ordinandoli secondo una logica “tematica”.
Airaghi mette in dialogo poesie nate in tempi diversi, ma unite da figure e domande che tornano. Ne emerge un mosaico coerente e mobile, dove la poesia diventa gesto di conoscenza e atto di scoperta. L’autore indaga temi cruciali come la memoria, l’amore, la perdita, la città, l’infanzia e il cammino. Queste sezioni tematiche non sono capitoli tradizionali, ma “soglie da attraversare”. Le sezioni che compongono il volume, come Paesaggi urbani con figure e Autobiografia apocrifa, dialogano tra loro come frammenti di un unico discorso poetico. La costanza di una postura poetica tiene insieme i testi, rifuggendo la retorica e cercando parole chiare e dirette. Il compito che Airaghi affida alla scrittura è prima descrivere e poi rivelare, anche a costo di allargare le ferite. La sua poesia cerca, nella realtà, il punto in cui l’esperienza individuale incontra le condizioni comuni a tutti, come la fatica e il dolore.
Ad aprire il percorso, due poemi unitari ampliano il registro lirico verso una dimensione quasi teatrale. Questi sono Monologo dell’angelo caduto e Il poema del cammino. A differenza delle sezioni tematiche, questi due poemi sono percorsi già strutturati nella loro interezza. Entrambi si configurano come monologhi che danno voce a un'interiorità drammatica. Con la forma poemetto, l’autore tenta di allontanarsi dall’esibizione ricorsiva dell’io lirico contemporaneo. Egli prova a filtrare la soggettività affidando la voce a un personaggio e usando un meccanismo narrativo. Tuttavia, in filigrana, l’autobiografismo inteso come traccia emotiva e conoscitiva, emerge comunque, poiché in poesia è impossibile non attingere al proprio vissuto interiore. L'autore stesso ammette che l’antologia racconta forse più del presente che del passato. Quest’opera non celebra un traguardo, ma interroga un percorso. L’unione arbitraria delle singole parti è un tentativo di ricomporre un puzzle per restituire la parvenza di un’immagine compiuta, anche se solo provvisoriamente. L’arbitrarietà dell’unione, come suggerisce il titolo, non rende l’opera priva di senso, ma riflette la ricerca continua di un senso possibile tra le tracce della propria esistenza. Il lettore troverà, si augura l’autore, il filo sottile e incompleto che unisce queste singole parti.
 

Giuseppe Carlo Airaghi
L’unione arbitraria delle singole parti 
ChiareVoci Edizioni 2025
Pagine 265 euro 13.00