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sabato 4 ottobre 2025

SCIOPERO GENERALE
di Franco Astengo



Mi sia consentito, scusandomi del disturbo, un telegrafico commento per punti a questa giornata di sciopero generale e nell’insieme dell’attualità politica:
 
1) 100 piazze per un milione di persone. Sono queste le cifre fornite da CGIL, USB, CUB e altri organizzatori di una giornata di lotta cui non si partecipava da molto tempo in Italia;
2) Alzi la mano chi fino a qualche giorno fa (diciamo allo sciopero del 22 settembre) avrebbe scommesso sulla CGIL che aderisce a uno sciopero indetto dall'USB e da altre sigle dell'area sindacale anti-capitalista. Sicuramente rimane da valutare la stabilità possibile di questa intesa rispetto alla geografia storica del sindacato italiano: il fatto però rimane e l'esito è stato sicuramente positivo, l'ostilità alla guerra rimane - nella storia - un potente fattore di mobilitazione popolare;
3) Mi permetto una valutazione del tutto personale: l'attrito esistente in questo momento tra il sindacato e la partecipazione popolare verso il governo non si verificava da Luglio '60. Una contrapposizione di questa durezza e radicalità con un governo così negativo non si ebbe neppure con la lotta per il contratto dei meccanici del '69, il decreto di San Valentino dell'84, il decreto sulle pensioni di Berlusconi dieci anni dopo, la manifestazione dei tre milioni al Circo Massimo. E' necessario andare indietro nel tempo, agli scioperi politici degli anni'50 e tener conto che in allora disponevamo della forza della classe operaia, quella forte, stabile, concentrata. Da ricordare di elementi fondanti di analogia con Luglio'60: in allora un governo quello Tambroni appoggiato dall'MSI e coltivante ambizioni gaulliste; oggi governo guidato da una formazione ex-missina che mira a trasformare il Paese in una "democratura" modificando la Costituzione antifascista;
4) Nello stesso tempo c'è stato il gioco delle mozioni a Montecitorio, con la divisione del cosiddetto campo largo, e l'astensione dei soggetti potenzialmente embrionali di uno schieramento di centro-sinistra sul documento della maggioranza. Anche in questo non si può non registrare una distanza rilevante tra le piazze e i cortei e l'atteggiamento parlamentare di PD, AVS e M5S. L'astensione sulla mozione della maggioranza assume, in queste condizioni, una sorta di avallo al Piano Trump e soprattutto di avallo alla subalternità verso gli USA fin qui dimostrata dal governo italiano, non tanto e non solo rispetto alla tragedia palestinese ma nell'insieme delle dinamiche in atto sullo scacchiere internazionale in un allineamento pericoloso sul terreno del taglio del rapporto tra politica e società portato avanti dall'attuale amministrazione della Casa Bianca;
5) Il limite vero dimostrato dalle forze parlamentari italiane del potenziale centro-sinistra è quello strategico e di agire sempre e soltanto in conformità con l'esigenza tattica del momento legato ai sondaggi e all'esito delle varie elezioni regionali. A prescindere dalla generosità degli atti compiuti e delle buone intenzioni come nel caso della presenza dei deputati nazionali ed europei nella flotilla;
6) Urge definire - appunto - un quadro strategico, predisponendosi anche a inevitabili "tagli" nella dimensione dell'alleanza (ricordiamo che l'Ulivo riuscì anche grazie alla desistenza del PRC; mentre l'Unione sostanzialmente fallì e l'Unione assomigliava molto al "Campo Largo" dai centristi-destra del'UDEUR fino ai trotzkisti di Sinistra Critica).
7)Si tratta di decidere se puntare sull'Ulivo (quindi una forza di governo, con leadership riconosciuta e declinazione del progetto in un programma elettorale che punti proprio al governo) o se puntare sul Fronte Popolare attraverso una radicalità adeguata allo stridore delle contraddizioni sociali passando attraverso una lunga marcia all'opposizione e predisponendo una capacità di aggregazione prima di tutto sociale che porti - alla fine - a costruire lo schieramento dell'alternativa. Nel primo caso si potrebbe anche accettare il dato costante nella riduzione della partecipazione elettorale che rimane comunque segnale di fragilità del sistema ricordando che questo in carica non è un governo da "bipolarismo temperato".