GLI UOMINI
E LA RESPONSABILITÀ DI GENERE di Gabriella Galzio
“(...) sono rimasti uccisi 40
combattenti e tre civili beduini. Almeno tre donne druse sono state stuprate e
assassinate”. Dalla lettura
di questi conflitti in Siria spicca l’asimmetria di come gli uomini vengano
(solo) uccisi e le donne stuprate e uccise. A saperla leggere, questa
asimmetria è la conferma che esiste una responsabilità di genere. Ma molti
uomini fanno fatica a riconoscerla. La guerra non è un universale, intanto
perché è storicamente datata, ovvero fa la sua comparsa nella storia con la
patriarcalizzazione; poi, non è un universale perché è un fenomeno di genere,
ovvero un marchio di fabbrica degli uomini, proprio come il calcio. E quegli
uomini che controbattono che anche le donne sono guerrafondaie e giocano a
calcio (poiché omologate ai modelli maschili), possono dirmi che anche le donne
stuprano? o che commettono femminicidi? Ma la vera questione interessante è
perché gli uomini non riconoscono il loro marchio di fabbrica, la loro
responsabilità di genere? Non à questione da poco, perché solo se anche gli
uomini riusciranno a schiodarsi dalla visione universalistica di cui hanno
ammantato i loro fenomeni di genere, si potrà avviare un processo di
cambiamento della civiltà. Ritengo, infatti, anche sulla scorta di studi
antropologici sulle società indigene, che gli uomini, in un contesto diverso da
quello patriarcale, possano essere pacifici e non violenti verso le donne. Ma l’energia
maschile va riconosciuta in quanto maschile e incanalata a fiorire anziché
distruggere. Questo almeno farebbe una buona madre.