Quando si
voglion ponti sullo stretto (i cui
contratti sono già un delitto, per di
più, con personale inetto) bisogna
far intorno buio fitto. Quando la
giustizia è... giustiziata con
riforme di tanta iniquità da
superar qualunque cantonata partorita
dall’imbecillità, generando
quella condizione d’aver
paura di chi non vota più, meglio
una roboante distrazione che
coinvolga vecchi e gioventù. Così,
ingessando il magistrato in un
ruolo che più non può cambiare, coinvolgendo
si va l’elettorato in altro
referendum popolare: col No,
il magistrato giudicante potrebbe
diventare requirente; col Sì,
ognuno resterà costante nel ruolo
scelto precedentemente. Si tratta
di un’ degli argomenti coi quali
la provvida sventura tien
desti gli pseudointelligenti che della
civiltà son la iattura. Basti
considerar che l’argomento alla
meccanica processuale non
porterà alcun miglioramento, lasciando
che langua tale e quale. Ha, per
di più, quella maledizione per cui
la problematica fasulla comporta
pari falsa soluzione. Non
solamente quindi cosa nulla, ma un’assolutissim’indecenza. Per
giudicar ci vuole... Salomone! Quindi,
se modesta è l’esperienza, modesta
sarà pur la prestazione. La
diatriba, perciò, sull’alternanza è d’un’idiozia
superalativa, perché
necessita la padronanza dell’esperienza
più cumulativa. Il
giudice, per esser eccellente, deve
avere fatto l’avvocato, quanto
meno il Piemme requirente o la
galera aver sperimentato. Per
pensarla però diversamente basta la
mala fede solamente.