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martedì 4 novembre 2025

SEPARIAMO LE CARRIERE?
di Marcello Campisani
 


Quando si voglion ponti sullo stretto
(i cui contratti sono già un delitto,
per di più, con personale inetto)
bisogna far intorno buio fitto.
 
Quando la giustizia è... giustiziata
con riforme di tanta iniquità
da superar qualunque cantonata
partorita dall’imbecillità,
 
generando quella condizione
d’aver paura di chi non vota più,
meglio una roboante distrazione
che coinvolga vecchi e gioventù.
 
Così, ingessando il magistrato
in un ruolo che più non può cambiare,
coinvolgendo si va l’elettorato
in altro referendum popolare:
 
col No, il magistrato giudicante
potrebbe diventare requirente;
col Sì, ognuno resterà costante
nel ruolo scelto precedentemente.
 
Si tratta di un’ degli argomenti
coi quali la provvida sventura
tien desti gli pseudointelligenti
che della civiltà son la iattura.
 
Basti considerar che l’argomento
alla meccanica processuale
non porterà alcun miglioramento,
lasciando che langua tale e quale.
 
Ha, per di più, quella maledizione
per cui la problematica fasulla
comporta pari falsa soluzione.
Non solamente quindi cosa nulla,
 
ma un’assolutissim’indecenza.
Per giudicar ci vuole... Salomone!
Quindi, se modesta è l’esperienza,
modesta sarà pur la prestazione.
 
La diatriba, perciò, sull’alternanza
è d’un’idiozia superalativa,
perché necessita la padronanza
dell’esperienza più cumulativa.
 
Il giudice, per esser eccellente,
deve avere fatto l’avvocato,
quanto meno il Piemme requirente
o la galera aver sperimentato.
 
Per pensarla però diversamente
basta la mala fede solamente.