È stato firmato il contratto dei
metalmeccanici che prevede 205,32 euro di
aumento medio. L’intesa è stata raggiunta dopo una lunga trattativa da
Federmeccanica e Assistal con Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm. Il contratto scaduto a giugno 2024 è
stato rinnovato dopo 17 mesi di difficili trattative caratterizzate da ripetuti
“stop and go”, con una rottura del tavolo, 40 ore di sciopero e manifestazioni
in tutt’Italia, e dalla metà di luglio una ripresa del negoziato. L’aumento
mensile che al livello medio (C3 ex 5° liv.) è di 205,32 euro, porterà ad un
aumento di 177 euro dei minimi per i prossimi tre anni. La prima rata
di 27,70 euro è stata già erogata il 1° giugno 2025,
la prossima tranche di 53,17 euro sarà pagata il 1° giugno 2026,
gli ulteriori 59,58 euro il 1°giugno 2027,
la quarta tranche di 209; 64,87 sarà corrisposta il 1° giugno 2028.
Gli aumenti contrattuali pari al 9,64%, sono superiori al tasso di
inflazione Ipca previsto del 7,20%, ma spalmati su 4 anni e non più su 3.
Aumentano anche i Flexible benefit completamente esentasse, dagli
attuali 200 euro a 250 euro da erogare entro febbraio 2026 che nel periodo
2021-2028 raggiungono così la somma di 1.750 euro netti per ciascun addetto.
Importanti novità riguardano anche le parti normative del Ccnl, con
l’’ampliamento a 96 delle ore/anno per l’orario plurisettimanale per meglio
bilanciare i carichi di attività e il contestuale innalzamento a 128 ore del
tetto tra plurisettimanale e straordinario in quote esenti. Si prevede che
i contratti a termine possano superare i 12 mesi di durata a fronte
di specifiche causali, ma dal 2027 le causali per prorogare i contratti di 12
mesi potranno essere usate solo se saranno stabilizzati almeno il 20% dei
precedenti contratti a tempo determinato. Sullo Staff-leasing è stato
introdotto il diritto dopo 48 mesi ad essere stabilizzati a tempo indeterminato
presso l’azienda oggetto della missione.
Il contratto dell’antica “classe
generale” quella che esprimeva il sindacato “soggetto politico” nel passaggio
per dirla con Bruno Trentin “da sfruttati a produttori”. Abbiamo riportato integralmente i principali passaggi dell’accordo
contrattuale rilevandolo dal sito del ‘Sole 24 Ore’, ovviamente non siamo in
grado di fornire una valutazione di merito: questo testo è finalizzato soltanto
a segnalare non solo la diversità dai tempi trascorsi quando il contratto dei
metalmeccanici era il “contratto” che segnava un’intera stagione economico-
sociale. È il caso di approfondire invece il quadro generale all’interno del
quale la firma del contratto si situa (per combinazione la firma dell’intesa ha
coinciso con la decisione di Moody’s, una delle più
influenti società di ricerche finanziarie al mondo, ha migliorato la sua
valutazione (il rating) dell’Italia.Tecnicamente lo ha portato da Baa3 a Baa2. Decisione intorno alla quale il governo di destra ha battuto
la grancassa soprattutto al riguardo della “stabilità”). Anche per la sinistra
politica il contratto dei metalmeccanici non assume più un aspetto di “centralità”.
Una sinistra alle prese con ormai storiche difficoltà di radicamento sociale e,
nella fattispecie, con l’idea che prevalentemente gli operai dell’industria si
sono spostati a destra perché trascurati nella loro condizione di vita e di
lavoro e sensibili al richiamo corporativo. Quanti sono i
dipendenti nell’industria metalmeccanica in Italia? Più di 1,8 milioni (dati
Istat) se contiamo anche il lavoro interamente sommerso (che avrebbe
un’incidenza relativamente bassa in questi comparti) e quel po’ di occupazione
metalmeccanica attiva in imprese che ufficialmente non sono metalmeccaniche: al
netto di queste due componenti, gli occupati delle imprese metalmeccaniche sono
circa 1,7 milioni. Alla vigilia della crisi superavano i due milioni: in un
quinquennio le imprese metalmeccaniche hanno dunque bruciato circa 300 mila
posti di lavoro. Un terzo di questa perdita, è concentrata nei settori della
fabbricazione di prodotti in metallo (come generatori, caldaie, armi,
ferramenta) che - insieme all’industria meccanica - esprimono il grosso
dell’occupazione metalmeccanica.
Sorge una domanda: Questo contratto come si
colloca nel quadro complessivo della situazione industriale che appare - tra l’altro
- dominata dalla vicenda ILVA e dalla concreta possibilità di secco
ridimensionamento della presenza della siderurgia in Italia. Ci troviamo nella
situazione dell’ennesimo passaggio nella lunga storia dell’apparentemente
irreversibile declino dell’Italia dei settori fondamentali nella produzione
industriale. L’Italia si trova in una situazione d’incapacità di difesa del
proprio residuo patrimonio economico soprattutto perché si trova di fronte ad
uno specifico intreccio perverso tra politica ed economia che ha finito con il
paralizzare scelte fondamentale che sarebbero state necessarie, soprattutto dal
punto di vista dell’intervento del pubblico sia sul piano degli investimenti
che della gestione. Il quadro complessivo appare di grave insufficienza anche
dal punto di vista della realtà finanziaria e delle infrastrutture. Il tessuto
produttivo nazionale attraversa, da anni, una crisi strutturale che condiziona
l’economia del Paese e non si è mai riusciti a varare una sintesi di
programmazione economica, all'interno della quale potesse emergere la capacità
di selezionare poche ed efficaci misure, in grado di incrociare la domanda di
beni e servizi e promuovere una produzione di medio e lungo periodo. Appaiono,
inoltre, in forte difficoltà anche gli strumenti di rapporto tra uso del
territorio e struttura produttiva; strumenti ideati nel corso degli ultimi
vent'anni allo scopo di favorire crescita esviluppo: il caso dei distretti
industriali, appare il più evidente a questo proposito. Da più parti si
sottolinea, giustamente, il deficit d’innovazione e di ricerca. Abbiamo
verificato il determinarsi di una vera e propria involuzione del sistema con il
Paese ormai praticamente privo di capacità industriale nei settori strategici,
dopo la sbornia delle privatizzazioni e l’aver adottato, fin dagli anni ’80
strategie sbagliate proprio sul terreno del modello di sviluppo. Avremmo avuto
bisogno invece, di programmazione e di capacità di gestione verso i soggetti
capaci di generare innovazione: l’Università, in primis, l’Enea, il CNR, le
grandi utilities, le infrastrutture.
Come può essere possibile affrontare oggi questo frangenteche minaccia di far chiudere quasi
completamente la storia della siderurgia in Italia e di far compiere un altro
passo indietro alla presenza industriale complessiva del Paese in un quadro
internazionale di grandissima difficoltà caratterizzato dai dazi di Trump. dai
venti di guerra, dall’aggressività cinese in tutti i campi, dall’arresto del
processo di globalizzazione, dalla crisi latente in Paesi il cui sviluppo
tecnologico e industriale risulta decisivo come nel caso della Germania. Si sta
delineando un processo lungo e difficile, il cui presupposto dovrebbe essere
quello di non affidarsi semplicemente al mercato e ai suoi meccanismi. Deve
emergere una capacità di previsione da parte dell’intervento pubblico, sia
sotto l'aspetto della programmazione, che della correzione degli indirizzi
generali: ed è questo che è mancato e continua a mancare da parte dei soggetti
politici. Il momento è talmente drammatico che sarebbe complicato aggiungere
qualche altra osservazione salvo quello della necessità e urgenza di un
intervento di natura politica capace di fornire una nuova qualità d’indirizzo
nella presenza industriale. Non basta la firma del contratto: Il frutto dell’assenza
di una politica industriale da parte dei diversi governi succedutisi nel tempo
e da scelte compiute al riguardo dello smantellamento dell'intervento pubblico
in economia e relative privatizzazioni.